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lunedì 28 aprile 2014

FOOD THE WORLD - Potere alle donne: le nuove frontiere nella difesa dell'ambiente e nell'eco-sostenibilità alimentare

E' in atto una rivoluzione nel cibo? 
Sarà guidata da un cromosoma con due X, cioè quella al femminile e sarà una ricerca di un cambiamento nel campo alimentare, affinché divenga equo e sostenibile.
Sono molte le donne che guidano questa rivoluzione in tutto il mondo: partendo dall'ecologia hanno guidato e guidano questo cambiamento verso un cibo sano e giusto, accessibile e meno costoso.
Attiviste, scienziate, blogger, chef, agricoltrici, business women, ambientaliste: una massa critica che si impegna a tutti i livelli della catena alimentare.
Questo perché alle donne è quasi sempre delegato il confezionare il cibo quotidiano per sé e per la propria prole-famiglia e quindi attente a ciò che è meglio, con un occhio di riguardo verso il non sciupare una risorsa che è importante, verso il sfamare parte del continente che ancora versa in sofferenza, verso la modalità di coltivare e pensando che il cibo è un mezzo per promuovere la democrazia, i diritti umani e l'eguaglianza fra i sessi.
Nell'elenco delle 13 persone più influenti in campo alimentare, vi ritroviamo molti uomini chef e giornalisti ma anche quattro donne, tra le quali nessuna di loro è chef. 
Vi è per esempio Vandana Shiva: la famosa attivista e ambientalista indiana, che ha già ricevuto il premio nobel "alternativo" nel 1993, denominato Right Livelihood Award.
Vandana Shiva

E' famosa per le sue battaglie contro la cultura OGM e l'introduzione di questa nel territorio indiano. Una frase sintetizza la sua battaglia contro la globalizzazione e per la coltura libera dei semi, in favore della biodiversità: 
« Noi possiamo sopravvivere come specie solo se viviamo in accordo alle leggi della biosfera. La biosfera può soddisfare i bisogni di tutti se l'economia globale rispetta i limiti imposti dalla sostenibilità e dalla giustizia. Come ci ha ricordato Gandhi: "La Terra ha abbastanza per i bisogni di tutti, ma non per l'avidità di alcune persone". »
Al di là della lista vi è comunque una chef,  Alice Waters, americana, divenuta famosa perché ha convinto Michelle Obama a creare l'orto biologico alla Casa Bianca. 

Alice Waters
E' pioniera del cibo a chilometro zero e mentre cucina e scrive, insegna a milioni di studenti cosa significa responsabilità sociale, ecologia e autonomia dall'industria.

Jamie Oliver ha cambiato le modalità nelle mense scolastiche americane, lei è andata oltre ed ha trasformato studenti in contadini, con un progetto che coinvolge i ragazzi di 3000 scuole nel mondo, prevedendo che siano gli stessi a coltivare negli orti scolastici il proprio cibo e cucinarlo.
Jamie Olivier

Poi vi è Anna Lappè che, con la madre, ha fondato un organo ambientalista che promuove la democrazia in modo che i cittadini si impegnino a creare una cultura di inclusione, giustizia e responsabilità reciproca.
Anna Lappè

Attraverso il sito Food Mythbusters smaschera i segreti di Big Food, ovvero l'industria alimentare che manipola i gusti dei bambini con strategie di promozione, sponsorizzazione e pubblicità. 
Spinge molto sul junk food che non è un problema soltanto dei paesi sviluppati, ma coinvolge anche quelli sotto sviluppo. 
E' guerra aperta contro i Mc Donald's...



Elle Gustafson scrive e spinge anche lei sull'argomento, raccontando che a partire dal 1980 si è incominciato a coltivare in modo abnorme il mais geneticamente modificato che ha messo in ginocchio i piccoli agricoltori e ha contribuito all'incremento di cibi con alta dose di sciroppo di mais. 
Ellen Gustafson

"La povertà e la fame", scrive, "non derivano dal destino, ma da scelte distruttive fatte in questa parte del mondo".
Assieme ad una amica sin dal lontano 2006 in università hanno inventato le borse di cotone biologico che sono divenute oggetto del desiderio per celebrities e fashioniste.
Con la vendita di una borsa si prevedeva di dare da mangiare a un bambino in un paese in via di sviluppo per un anno. Un'idea che ha avuto un successo incredibile ed ha portato a dare 65milioni di pasti nel mondo.
Bisogna cambiare l'industria e non solo cambiare dieta o stile di vita, promuovendo il kilometro zero, ma spingere anche le frontiere della scienza per nutrire una popolazione che nel 2050 raggiungerà i 9 miliardi di persone.

Ci sono scienziate che stanno combattendo una guerra contro i batteri che impestano le piante dei raccolti, soprattutto in Kenya; portano avanti esperimenti quali il trapianto di alcuni geni che resistono al batterio dal riso e a quello delle banane, aggiungendo molecole che ostacolano le infezioni. Se tutto va per il verso giusto si adotterà anche ai raccolti di riso e manioca, sostenendo che l'OGM può andare pari passo con la biodiversità e la conservazione dell'ambiente. Bisogna rendere le piante più sane e efficienti, in modo che si possono incrementare le pratiche per conservare la biodiversità e preservando l'habitat.
Vi è poi la scienziata canadese Isha Datar che sta sperimentando la carne in vitro e alternative vegetariane, insistendo che la gente deve porre fiducia nella scienza, se questa è corretta ed apportatrice di novità importanti e sane per alimentazione del mondo... 
Isha Datar

Questo per portarsi verso un futuro dove la carne è cultured, un nuovo processo verso un nuovo prodotto come lo è stato in passato per birra, pane e yogurt. La carne in coltura ci spinge a pensare che questa carne sia più civilizzata.
La carne in vitro nel progetto di Shiva

E' la seconda rivoluzione verde, per distinguerla dalla prima degli anni '60, che ha portato agricoltura intensiva e disastri. Questa sarà incentrata sulle donne perché sono loro che, lavorando nei campi, vendendo il raccolto al mercato e cucinando, saranno spina dorsale nella catena alimentare.
Le donne sono il quarantatré per cento della forza lavoro agricola del mondo e in molti paesi in via di sviluppo arrivano anche all'ottanta per cento, coltivando quello che la gente mangia davvero come frutta, verdura e cereali, invece che grano e mais che servono da ingredienti base per altri prodotti.
Ma le donne non hanno lo stesso accesso alle risorse, alla terra, al credito, ai servizi, all'istruzione degli uomini.
Quindi troviamo Amrita Patel che ha fatto da battistrada nel campo portando l'India a essere la più grande produttrice di prodotti caseari nel mondo, proteggendo i piccoli produttori, soprattutto quelli legate al mondo femminile, che ora considerano la produzione del latte remunerativa.
Amrita Patel

Lei è veterinaria e ha la passione per l'ambientalismo, non si ritiene una business women ma felice di far sì che le donne facciano affari e si mettano in condizioni di guadagnare regolarmente.

L'Unione Europea e l'ONU mettono la sicurezza alimentare al centro delle politiche di sviluppo e non è un caso che la FAO abbia dichiarato il 2014 Anno Internazionale dell'agricoltura famigliare, che ha un ruolo importante non solo nella battaglia contro la fame e la malnutrizione, ma anche nella creazione di posti di lavoro, nella conservazione di una cultura indigena, nella sostenibilità.
Le imprese famigliari agricole per lo più non riescono a produrre abbastanza per i propri fabbisogni e quindi occorre difenderle in modo adeguato, soprattutto quelle legate alle donne che lavorano nei campi ma non li possiedono e non possono lasciarli in eredità.
In Italia arriva F.I.C.O. che sarà una fabbrica italiana contadina e una specie di parco tematico dell'alimentazione, dedicato all'enogastronomia italiana, dalla produzione alla tavola.
Stalle, acquari, campi, orti, laboratori, ristoranti per insegnare alle nuove generazioni come conoscere, apprezzare e difendere la biodiversità del cibo in Italia.

Sarà inaugurato nel 2015 negli spazi del CAAB dopo la chiusura dell'Expo milanese che è dedicato al cibo. 

sabato 12 aprile 2014

FOOD RECIPE - Frati fritti in fretta

            La ricetta della mia infanzia

I frati fritti in fretta sono delle piccole ciambelline preparate a Carnevale che rappresentano ricordi indelebili della mia infanzia: la cucina della nonna, il suo tavolo infarinato, quell'odore dolciastro nell'aria, la sua velocità nell'impastare... quei dolcetti che faceva una volta o due all'anno, in quantità, e che noi bambine divoravamo avide, e finivano sempre troppo in fretta! 
Mia nonna è stata consorte di un ristoratore, a Londra, e per anni, finché lui è vissuto, non ha quasi mai cucinato. Poi si è rifatta, e ha iniziato a cucinare molto, per lei e per noi bambine. Era una cuoca versatile, amava sperimentare le ricette regionali di tutta l'Italia, ma soprattutto era abile negli impasti; mi raccontava che quando era piccola la lasciavano sola in casa a fare la pasta per tutta la famiglia, e che per impastare col mattarello prendeva la sedia, perché a sei anni non arrivava al tavolo. Quando lei è mancata, tanti anni fa, nessuno della mia famiglia ha mai provato a rifare questi dolci.
Così questi dolcetti sono rimasti relegati in un angolo remoto dei miei ricordi, fino a quando li ho assaggiati a casa di qualcuno anni fa, e sono riaffiorati con tutta la loro potenza. Ah i ricordi dell'infanzia! Alcuni sapori sono indelebili e ti rimangono appiccicati addosso. Ho rovistato dappertutto nelle carte rimaste delle ricette ritagliate dai giornali, e in un quaderno scritto di suo pugno che mia mamma ancora tiene, abbiamo scovato la ricetta: evviva.
L'ho provata... il risultato è lo stesso dei miei ricordi? No. Però, anche se migliorabile, questa ricetta mi ha regalato parte del sapore di un tempo, e anche se la tecnica può essere migliorata, (e mi cimenterò) la condivido con voi.
Sono dolci squisiti, assolutamente irresistibili.
La ricetta prevede la preparazione di una sorta di impasto brioche. Deriva dall'impasto dei krapfen, però con l'uso delle patate. La sua forma, rotonda come una ciambella, lascia intendere il perché li hanno chiamati così: ricorda la chierica dei frati, e anche il colore bruno del saio. 
Mi sono documentata e ho scoperto che i frati fritti in fretta, dolce tipico carnevalesco, sono originari della Sardegna, laddove si fanno anche senza l'uso delle patate, per esempio ad Alghero li preparano con l'anice. Vengono chiamati parafrittus, che appunto significa frati fritti, ma alcuni li chiamano anche fatti fritti. Ho trovato anche delle ricette che li legano alla regione Toscana, dove vengono chiamati Frati fritti livornesi.
Ma ora veniamo alla ricetta.

INGREDIENTI                                                                                                                                    
  • 275 gr di patate lesse
  • 50 gr di burro ammorbidito
  • 150 gr di farina 00 forte e di più se serve
  • 3 tuorli d'uovo
  • 1 cucchiaino di vaniglia 
  • 3 cucchiai di zucchero
  • 4 gr di lievito di birra stemperato in un goccio di latte tiepido
  • scorza di arancia o limone grattuggiata
Passare allo schiacciapatate le patate lesse, lasciarle raffreddare. Nella planetaria inserire  i tuorli d'uovo, il burro molto morbido e lo zucchero e lavorare con la frusta fino ad ottenere un composto spumoso. Cambiare lo strumento ed inserire la foglia. Inserire il latte con il lievito. Aggiungere le patate, la vaniglia e la farina, in ultimo la scorza del limone. Lavorare fino ad ottenere un impasto morbido e abbbastanza sostenuto. Aggiungere altra farina poco a poco se l'impasto è troppo molle, fino a quando non si appiccica più di tanto alla planetaria. Tenere a mente che comunque l'impasto è appiccicoso di suo, e che questa è la sua natura.
Formare quindi una palla e porla a lievitare in un telo, per almeno due ore, fino a quando raddoppia di volume. 

Trascorso il tempo dividere l'impasto in tante palline e disporle su un piano infarinato, e lasciare lievitare ancora per altre due ore in posto caldo, coperte di un telo di cotone.

A questo punto prendere le palline e bucarle con il dito, farle roteare sul piano di lavoro, fino a formare un piccolo buco al centro. 












Friggere in abbondante olio caldo ma non bollente, quando avranno raggiunto il color del frate scolare su carta assorbente e spruzzare con zucchero a velo.
Vi assicuro che finiranno in fretta!

©PHOTO EDITING - elisa roattino