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martedì 9 luglio 2013

FOOD INTERVIEW - Tornate in cucina!

TORNATE IN CUCINA! 
Non avremmo mai voluto sentircelo dire, mai!
Risentire questo slogan, per noi femministe di quel lontano dì, ci pare anacronistico, visto il tanto tempo trascorso. Sempre noi avevamo sussulti feroci a quello slogan, ritenendolo un insulto atroce.
Venire ricacciate tra i fornelli, noi che lottavamo per una posizione nel mondo, per essere accettate come essere umano al di là di tutto e di tutti; ci sembrava quindi svilente essere solo le detentrici della costruzione del pasto quotidiano. 
Non volevamo essere quegli angeli del focolare, le detentrici della vita e dell'alimentazione. 

Lo consideravamo un ruolo riduttivo, perché eravamo e siamo altro.
Tanto altro che spegnemmo provvisoriamente i fornelli e ci dedicammo a noi, alla nostra carriera, al nostro domani; pensavamo al cibo come ad una frequentazione del piacere e  non doveva essere obbligatoriamente eseguito da noi. 
Sollevando così lo sguardo talvolta velato di disprezzo e orrore  verso coloro che continuavano ad essere quell'angelo, disastrosamente senza ali e dimesse,  noi veleggiavamo su sogni e nell'altrove.

I tempi mutano, spazzano via ideologie e ritornano modi e modalità, senza toni elegiaci e con elementi figurativi come simboli scaramantici. S'avanza una nuova teoria, non priva di fondamento, perché i tempi attuali ci riportano a dover riflettere su opportunità diverse.

Il signor Michael Pollan, guru del cibo, suggerisce alle femministe americane:  basta cibi pronti e tornate a cucinare.
Forse questo può valere in quel grande continente, dove certe ideologie sono rimaste attaccate alla pelle e alle convinzioni, ma qui, in questa penisola italica mi vien da dire in modo franco ed onesto che quel ruolo di "angelo del focolare" le più non han mai smesso di avercelo. 
Perché ci si domanda? Perché qui amiamo mangiare, e alla maggioranza non è mai così piaciuto il cibo pre-confezionato, considerandolo con orrore un indubbio mix di bassa qualità.
Noi amiamo cibarci, forse con esagerazione, ma la qualità e la modalità ci appartiene di più, rispetto ad altri popoli dell'area occidentale. 
Perché altrove, almeno nel continente asiatico, la quotidianità del confezionare cibo più volte nella giornata, è sempre stato appannaggio delle donne, che riscattano così il proprio esistere e la propria dignità. Inopinabile per un verso e opinabile per un altro, perché a ben guardare costoro sacrificano spazi e vita per costruire un insieme famigliare che talvolta le segrega e toglie loro dignità.
Sempre il nostro guru sostiene che è in atto una trattativa fra il genere umano maschile e femminile per detenere il potere ed una modalità per attuare buoni risultati può essere quello di far partecipe anche l'uomo alla preparazione dei pasti e dell'accudimento famigliare.
Secondo le statistiche però anche in Italia il passar tempo fra i fornelli è in declino, volgendo dai 68 minuti al giorno di due anni fa, ai 56 attuali, con il paradosso che sono aumentate le trasmissioni sul cibo, il web impazza e il dissertare non è da meno. 
Conclusione: ci cibiamo di più ma non abbiamo voglia di farlo, attingiamo ai fast food, allo street food, rosticcerie incluse.
Il commercio, che non è stupido, incita queste modalità e attua sconti, ai quali noi attingiamo con grande soddisfazione. Consumiamo cibo di bassa qualità, ma abbiamo esborsato anche poco pur di averlo; quindi ci mettiamo l' animo in pace, e consumiamo disinvoltamente di tutto e di più, a scapito della linea e della salute.

Francamente mi fa sorridere tutto questo, se penso a quanto un movimento come Slow Food ha speso in parole e atti in tantissimi anni per farci conoscere la verità sul cibo, divenendo coscienza critica ed esortandoci ad occuparcene in maniera responsabile e con immenso amore. Il cibo è frutto di lavoro, anche di lavoro duro e faticoso, con un intervento umano sulla natura che ha le sue conseguenze, attraversando la trasformazione sociale di genti e di luoghi.
La sua analisi è fervida intuizione, perché se da una parte il cucinare ci toglie magari tempo, che noi pensiamo prezioso per fare altro, per contro ci fa conoscere e approfondire il discorso sulla filiera del cibo, e attraverso questa conoscenza togliamo potere alle grandi corporazioni, favorendo una dieta anziché un'altra, o determinando i prodotti agricoli che vogliamo sostenere. 
Coscienti di ciò, possiamo dare spazio ad una dieta fatta sempre più di alimenti che derivano dal biologico, legati alla stagionalità, coltivati senza uso di pesticidi e senza violentare la terra, dandogli alternanza nella coltivazione. Arriviamo così al concetto di  km zero tanto caro a Slow Food e a Carlin Petrini, oramai divenuto un guru anch'esso; la sua filosofia ha legato la globalità delle genti alla stagionalità dei cicli e dei luoghi, creando un'etica nel NON SPRECO del cibo. 
Se infatti una volta di cibo ce n'era in abbondanza, anche da noi, vista la crisi, l'acquisto di generi alimentari ha subito un trend negativo, mentre in altre parti del mondo il cibo pro capite è scarso o addirittura inesistente.
Comunque i fori della cinta si allargano sempre più, e in percentuale anche la forbice dei consumi subisce un tracollo e ci ammaliamo di obesità, malattie cardiovascolari, tumore intestino.
Tant'è che andand in giro nei paesi emergenti del globo sempre più vediamo forme arrotondate, portate dal benessere incipiente che favorisce il consumo di ciò che un tempo era raro e prezioso; questo è portato dall'aumento dell'acquisto del cibo spazzatura, che reperiamo qua e là come dei rabdomanti, sovraccaricando il dosaggio più del necessario, proprio perché non ci costa fatica prepararlo.
Abbiamo così un surplus che finirà senza patemi d'animo nella discarica, dove altre persone in difficoltà andranno a rovistare e lo consumeranno per sopravvivere, andando così a costruire una filiera non prevista dieci anni or sono.
Vogliamo le patatine? Allora friggiamocele, in questo modo la distrazione che usiamo per cibarcene prendendole dal sacchetto o dalla scatola magari anche colorata e di design, ci distrarrà dall'essere schiavi di quel gusto ovunque, e ci impedirà del consumarle in macchina, davanti al computer mentre chattiamo oppure in panciolle dinnanzi alla televisione.
Il cibo di questo genere ci prende poco tempo e ci toglie tanta salute, sottraendo la meraviglia del convivio, dello stare a tavola e costruire rapporti e amicalità, svolgendo una funzione di democrazia ed educazione, portando conoscenza di conquiste, progetti di idee e civilizzazione delle generazioni.
La preparazione del cibo, secondo Pollan, ha un significato filosofico perché induce a pensare da dove provengono i dati ingredienti, chi sono le genti che lo hanno cresciuto, coltivato ed elaborato, qual'è stato il tempo per arrivare a maturazione in quel magnifico ciclo della natura.
Compi un viaggio, il giro del mondo, incontri popoli e costumi, sei connesso con l'universo solamente restando lì davanti ad un ingrediente o alimento. Arrivando ad essere connesso con l'umanità.
Ha delle sue belle teorie e convinzioni, che collimano con molti sempre di  più, per esempio l'opinione che se sei carnivoro dovresti uccidere almeno una volta nella vita l'animale di cui vuoi cibarti, introiettando così il significato che ha il verbo uccidere, divenendo esperienza drammatica. Infine divenendo colpevoli per quell'omicidio.
Vi è un nuovo mood negli Stati Uniti, quello di incontrarsi nelle farmers per discutere, firmare petizioni, acquistare e condividere pensieri ed amicizia, costruendo una propria e unitaria cultura sul cibo. Questo soprattutto tra i ventenni che, avvicinatesi al cibo, si sentono in armonia con lo stesso, connessi col villaggio globale, e costruiscono così una nuova coscienza politica, un concetto di comunità che vuole un' ambiente pulito. Si è così palesato il concetto di votare attraverso la forchetta ed è così stimolante che pensano di costruire un'economia alternativa.
Coinvolgendo via via sempre classi diversa di età e costruendo idee mai banali, stimolano la coscienza ed un'efficace attenzione.
Il nostro guru ha imparato a cucinare dalla madre che a sua volta ha imparato a cucinare seguendo la famosa gourmande Julia Child, che è stata guru di generazioni di donne americane, favorendo una coscienza sul cibo costruito con dovizia ed intelligenza. Lei che aveva imparato a cucinare in Francia e ha scritto libri che sono stata la Bibbia allora come oggi,dato che che sulla figura si è confezionato un film tratto da un libro di successo. 
Chi l'ha scritto è una trentenne blogger appassionata di questa diplomata Cordon Bleu che ha raffinato palati e costruito ideologie attorno al cibo. Ne abbiamo fatto recensione su questo blog tempo addietro.
Seguendo l'intervista di Mr Pollan, troviamo citata una sentence coreana che recita "il gusto delle lingua è il gusto delle mani", dove il gusto della lingua è favorito dalle papille gustative, e quello delle mani invece è opera d'arte di colui o colei che firma quel piatto; e che non può essere di nessuno perché è di quella persona lì che lì ha cucinato ed è infine è il gusto dell'amore.


Questa dissertazione-recensione ha preso spunto da un articolo apparso su  D inserto di Repubblica, a firma di Mara Accettura, dove si  intervista  Michel POLLAN  per l'uscita recentissima del suo ultimo libro COOKED; è già un bestseller negli Stati Uniti, dopo un altro bestseller mondiale pubblicato anche in Italia dalla prestigiosa casa editrice Adelphi, dal titolo "Il dilemma dell'onnivoro e in difesa del cibo".

venerdì 15 giugno 2012

FOOD INTERVIEW - Incontro con Andrée Bertino

UNA VITA NELLA CULTURA E GASTRONOMIA, ASSIEME A FREDO VALLA

Dove nasce il Po e si dilunga nella valle, appena là sopra c’è Ostanauna borgata antica e solitaria, poche anime come un tempo, silenzi rotti dallo scampanio delle mucche al pascolo, dell'abbaiare dei cani, del lento camminare delle cose quotidiane.
Una casa di architettura moderna e avveniristica, con grandi vetrate in faccia al Monviso, che sembra entrarti in casa e nell'anima.
Lei ti accoglie sorridente con la sua parlata accentuata dal suo nascere in terra francese, parigina elegante e colta, che ha conosciuto e visto molto.
Accanto ad un marito documentarista raffinato ed attento, braccio destro a lungo del grande Jacques Cousteau, dentro la natura e sopra i mari. 

Nel guardare le fotografie del tempo traspare una eleganza e grande raffinatezza di modi e di pensiero. Una bellissima donna, che esprime la sua capacità anche tra i fornelli e alla sua tavola dove si sono avvicendati noti e non, sempre rasserenati dal buon disquisire e dalla bontà dei manicaretti.
Un lutto tremendo la vede sodale con un emergente, allora, documentarista e scrittore, valligiano amante dell'arte e del camminare sulle falde e i crepacci.

Scrivono, lei e Fredo Valla di astronomia, di natura, di cultura varia ma soprattutto di favole che escono dalla loro capacità di affabulazione e invenzione. 
Favole tradotte in tutto il mondo e in tutte le lingue principali che hanno allietato e dato il viatico al buon sonno a milioni di bambini.
Rubriche su Topolino e altri mensili e quotidiani, rubriche di cucina e consigli gastronomici che vede sposare bene questa capacità con un’edizione della cucina occitana andata a ruba per varie edizioni. 

Perché loro due sono dentro alle storie, alla storia del luogo e quindi alla promozione delle cultura occitana che si vede tradotta con documentari detentori di molti premi nei festival di mezzo mondo.
Il vento fa il suo giro, film cult che ha visto idea e esordio in questo luogo, in queste stanze, a questa tavola davanti ad una “dobe” ed un ile flottante, agneau in casseruola, insalate e ortaggi dell'orto a picco sul torrente e che i caprioli amano frequentare.
I cani ti scorazzano attorno, ne ho visti un certo numero, li ho amati e condiviso il passo nei sentieri. Questo ultimo è imparentato con il cane del premier bulgaro, razza di carattere e di lungo pelo, una presenza dolce e rasserenante.

La biblioteca di questo luogo è zeppa di volumi, di rarità, di progettazione e lasci sulla porta gli affanni per immergerti nella ricerca e nella lettura, non volendo più andartene. Io adoro questa amica, questi amici, qui mi sono sempre ritrovata e sentita amata, raccolta attorno al desco con le persone umili ma importanti che si avvicendano nel tempo. Perché è questa la prerogativa delle persone colte e capaci, essere umili e non darsi arie, anche se invece potrebbero perché saper di essere letti e seguiti da milioni di persone nel mondo attraverso le tue opere a me mette tremore ai polsi.
Ci lascia due ricette, pezzo forte della sua cucina segreta e privata, le pietanze che hanno sfamato e degustato i tanti venuti sin quassù e soprattutto la sua grande famiglia, sparsa ovunque nel mondo, ma che ogni anno qua si ritrova.

©PHOTO EDITING - elisa roattino

mercoledì 30 maggio 2012

FOOD PLACE - Kuoki, Torino

KUOKI, IL GIAPPONE SI FONDE CON LA TATIN

Vicino alla Mole di Torino, dove vi è un museo del cinema che il mondo ci invidia, c’è un locale gestito da un uomo eclettico ed introverso, Toni, che ha saputo cambiare più volte il suo destino.

Accanto alla madre, dalle cui abili mani escono sapienti manicaretti, cresce nella cultura del cibo sapido e costruito con risvolti di eclettismo artistico.

Abbandona la sua Torino, terra per lui di frontiera che limita i suoi orizzonti e lo porta alla corte di un re, della moda ma sempre un grande e rigoroso re: Giorgio Armani.

Crea per il suo privato pietanze e cromachie a lungo, deliziando ospiti 

e momenti domestici e la ribalta del mondo non lo affanna.



Irrequieto nel suo essere lo porta a ritornare nella Torino trasformata nuovamente in elegante capitale del gusto e raffinatezza, dopo un restailing olimpionico che la riporta alle cronache del pianeta mediatico.
Ed ecco che si spalancano porte nuove, inconsuete, con un locale strutturato in maniera inconsueta rispetto ai molti che risiedono accanto. 

Nuove ideazioni nel design e interni, con tavoli alti e sgabelli per sedersi, con un banco per il sushi confezionato da uno chef giapponese di tutto rispetto e manicaretti new concept che guardano alla fusion. 
Buono e diverso il sapore, fatto con cura ed attenzione che ti accompagna anche nella presentazione del piatto. Cromachie che appagano gli occhi e ti predispongono ad assaporare delizie. 
Non ti delude mai. 
Sino a quel dessert di latte e crema - latte in piedi -  che ti presenta in una “burnia” (arbarella in italiano) che tanto delizia sempre Nanni Moretti di passaggio nella sabaudia.

Lui è ironico, arguto, elegante e fiero, con una nota di melanconia nel suo sguardo scuro, di araba memoria.


Io tradurrei così il suo essere: “l'infelicità tace, e chi è in grado di cantare sulla propria infelicità, è già volato via, oltre la propria infelicità” secondo la citazione di F. Nietzsche, che venne travolto da un amore per questa Torino e la descrisse e decantò in molte sue rime.


Ci è piaciuto sedere nel suo dehor e consumare una tatin salata con asparagi e patate, contornata da ciuffi di senape passati in ottimo olio d'oliva, appena scottati che ti ritorna il sapore intero e colmo di terragnità.

Segue con il suo sguardo attento tutto e tutti e porta nel riceverti tutta l'eleganza e esperienza che tanto ha ammaliato il re.



NB. Ci dispiace apprendere la notizia che Kuoki non esiste più. Ci ha deliziato per tanti anni, adesso Toni si aprirà a nuove esperienze, chissà. In bocca al lupo, e che tu possa soddisfare altri palati, magari all'estero, come desideravi!







KUOKI - Via gaudenzio ferrari, 2 - 10124 - Torino (TO) 011 8397865

©PHOTO EDITING - elisa roattino