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lunedì 2 novembre 2015

FOOD THE BOOK - Il piatto di vino

Un libro che racconta di vino e di territorio

Quando Elisa Pozzo ha presentato questo suo libro era un'estate calda e soffocante; nel suo podere ha allestito covoni di paglia e fieno per sedersi, ombrelloni e un bancone per il rinfresco composto da gustosi piatti cucinati dalle donne di casa, e come bevande il meglio della produzione della sua cantina ed anche un corroborante tè freddo con zenzero. Tutto questo nel podere di casa, accanto alla cantina dove la famiglia da lontano tempo produce il meglio del vitigno del territorio di Viverone.
A fare da quinta a questo scenario bucolico, nei vitigni vicino, abbiamo percorso una simpatica installazione con fogli appesi ai tralci che raccontavano metafore, poesie, piccoli racconti con protagonista il vino.
E' una traccia per raccontare le sue radici, la sua vita e quella della sua amata famiglia.
Elisa, con la sorella, rappresenta l’ultima generazione di una famiglia di viticoltori; ha preso in mano il podere con novità e slancio, aggiungendo nuove produzioni come l’ulivo, lo zafferano accanto alle coltivazioni di kiwi, che sono oramai immesse da parecchio tempo. 
Anche se il timone rimane in mano salda ai genitori e ai nonni, la nuova generazione rappresenta la continuità nella tradizione, perché apporta nuovi stimoli per stare al passo con i tempi, senza mai tradire la traccia data anticamente dai nonni.
Per raccontare la storia della famiglia, della loro attività e del territorio, si è voluta cimentare in un modo inconsueto per lei: la stesura di un libro “Il piatto di vino”.
Spulciando qua e là evinci che il restare a lavorare in famiglia e nella proprietà non è stato un sacrificio, ma un atto molto voluto proprio perché ama i luoghi e la natura. Nulla di più opportuno che fare la vignaiola, dove la natura la respiri e la vivi ogni mese dell'anno, con i suoi ritmi e le sue esigenze.
Certo ci sono anche le fatiche e la problematica di dover stare al passo per non perdere terreno rispetto al mercato, ma quella giovane donna timida che arrossisce di fronte a tanta folla venuta ad ascoltarla per acquistare il suo volume, ha una forza enorme e le idee chiare.
Ringrazia e parla con tutti, conosce tanto e sa che attorno a lei vi è una solidità famigliare e storica, ben radicata sul territorio e per il territorio.
In alto, in mezzo ad un mare verde di filari che compongono la loro proprietà vi è un belvedere, suggestivo ed arcaico, dove il padre ha costruito un anfiteatro con una vista meravigliosa, dove in estate ci sono stati concerti musicali e pièces teatrali di grande qualità. Questo perché si comprende che la cultura è una parte che s’integra, un tutt'uno con radici e territorio.

L’azienda produce dell'ottimo vino: un vitigno autoctono Erbaluce e del rosso che vanta lustri d’impianto; sembra che quest’ultimo sia stato piantato dai romani.  
E’ un vino generoso e adatto anche a palati raffinati con il metodo classico, ma c’è anche il passito, che è vino che vanta duecento anni di storia ed è nella quaterna dei passiti italiani.

Il lavoro è duro, di fatica, ci vuole grande passione per occuparsi della campagna. Non ci sono tempo e stagioni quando possiedi vitigni, quando devi occuparti della potatura, della pulitura dei tralci, quando devi dare il verderame, pigiare e portare a casa il prodotto, un buon prodotto. Sei sempre concentrato lì a discapito di molto, ma se questa è una scelta di vita e ti coinvolge con passione, non tieni conto del resto.

Dicevamo del libro. E’ un volume pieno di racconti, di poesie sul vino, di storia del territorio, con la spiegazione degli alimenti che caratterizzano questi luoghi e le ricette che lei ha sempre visto cucinare in casa e nella zona. C’è la tradizione, con l’aggiunta di alcune novità che negli anni si sono fatte avanti contaminando e apportando differenze per adeguarsi a ritmi differenti.
Nei suoi poderi vedi la campagna rigogliosa, siamo, infatti, sul fronte di una collina morenica che ospitava anticamente i ghiacciai che, avanzando lentamente, hanno lasciato questo fronte quasi unico al mondo, riconoscibile da lontano, che è caratterizzato da fertilità e da un clima adeguato alla produzione vinicola.
Il lago di Viverone è lì che si adagia al tuo sguardo, e la natura ti avvolge e ti ritempra. Elisa ama raccontare i suoi luoghi e condividere con il lettore le sue impressioni: inteneriscono il racconto del suo svegliarsi con il verso del richiamo della volpe o del gufo. Qui vicino scorre l’acqua di un antico lavatoio dove, prima dell’avvento della lavatrice, le donne del paese andavano a lavare i panni e magari anche a tagliarli!
Le stelle della notte si adagiano sui filari, la rugiada nutre, si alternano le stagioni e diventa orgoglio ciò che metteranno in bottiglia che crea impresa, ma soprattutto un rapporto franco e amichevole con coloro che lo consumano.
Non è ragazza di città, ma non per questo non è ragazza odierna, anzi!


Parliamo ora di ricette: sfogliando il libro ritrovi i prodotti della stagione e del territorio, il vino che entra di diritto nella costruzione della preparazione, il lago che è ben rappresentato dal pesce coregone che dai tempi antichi qui nuota incontaminato.
Ci sono antiche e nuove ricette, sperimentate dalle donne della sua famiglia, raccontate attraverso i suoi ricordi, così come le storielle che accompagnavano le sue giornate di bambina che correva felice nell'erba attorno a casa.

C'e' intelligenza e concretezza, c'e' la voglia di aiutare a comprendere un territorio che è bello e incontaminato, che ha vocazione turistica e culturale.
Invito alla lettura e al regalo di questo volume, perché ci ritrovi molto sapere e curiosità sul territorio, e il suo interesse nel condividere con le persone la conoscenza dei luoghi che le danno serenità.

Elisa Pozzo è consapevole di questo, e seppur con figura snella e occhi chiari, nella sua ritrosia e timidezza  si percepisce che ha le idee chiare su quale sarà il suo futuro e quello delle sue proprietà.
Tradizione pur dentro evoluzione, ma sempre ferma nell'offrire qualità a coloro che si avvicinano ai suoi prodotti.


©PHOTO EDITING - Elisa Roattino

martedì 28 ottobre 2014

FOOD THE BOOK - Un filo d'olio - Simonetta Agnello Hornby

Ricette e racconti della Sicilia di un'autrice che amiamo

L'autrice di questo piccolo libro, edito dalla casa editrice siciliana Sellerio, è di già affermata avendo pubblicato parecchi volumi tradotti in diverse lingue del mondo; in ogni volume racconta la sua isola – la Sicilia – e sovente le vicende legate alla sua famiglia e al suo percorso di vita.
Sempre all'interno dei suoi volumi ritroviamo racconti legati al cibo e ricette appartenute alla sua dinastia ed al suo piacere di cucinare e conviviare con i suoi ospiti.
Avendo sposato un inglese vive a Londra, e fa l’avvocato di professione, ma il suo piacere alla scrittura l'ha da sempre coltivato e – pur se impegnata alquanto – trova i momenti per riempire pagine e dipanare ricordi.
Il filo d'olio del libro sopra citato è quello che la madre versava sopra le pietanze accuratamente preparate, assieme alla sorella, zia dell'autrice, ed era prodotto da un massaro della proprietà di famiglia. “Un vero toccasana”, sentenziava sempre la madre, “mette a posto tutto”.
Quel filo di olio è il legante che unisce parole e pagine e le sue estati in masseria, gli ospiti, i lavoranti della terra arsa e generosa siciliana, il sole cocente, i giochi con i suoi fratelli, la preparazione dei pasti.
Dalla madre ha appreso il preparare con grazia e dovizia la tavola, la scelta dei piatti che potessero accompagnare i colori delle vivande, le discussioni infinite sulla scelta delle tovaglie che erano ricamate dalle zie.
Un filo della memoria che ripercorre giorni e tempi, estati di villeggiatura, quaderni antichi dove si appuntavano da generazioni le ricette della casa e quelle donate dai conoscenti o dalle domestiche.
Un libro che si scorre con piacevolezza, che ci si appunta informazioni e ci induce a provare le tante ricette che vi sono descritte.
E' un ricettario dell'estate, un susseguirsi di pomodori ripieni, parmigiana di melanzane a modo nostro (della famiglia si intende), arrosto di coniglio cacciato dai massari, il pollo delle fattorie d'intorno alla casa avita... sono ricette gustose e semplici, che riportano i sapori della terra siciliana.
Scorrono i mesi e gli appunti, la vita di bambine ad occhi spalancati sulla vita e sulle vicende della stessa... Questo libro lo trovo indispensabile averlo nello scaffale accanto ai fuochi della cucina, come abbiamo i nostri quaderni che ci servono per prendere spunti per i pasti del nostro quotidiano.
Vi sono fotografie d'epoca di famiglia e ci piace immaginare quelle estati e la storia delle famiglie italiane, che han dato lustro e spessore alla nostra cultura.

domenica 26 ottobre 2014

FOOD THE BOOK - Fornelli d'Italia - Stefania Aphel Barzini

Un racconto della nostra Italia attraverso i racconti delle donne

Quando transito per le stazioni ferroviarie italiane, se ho tempo – e talvolta me lo ricavo – mi reco con immenso piacere nelle librerie Feltrinelli lì locate. 
Per me è un immenso piacere passeggiare tra gli scaffali alla ricerca di acquisti, novità, sensazioni che mi invitano alla lettura e a nuove scoperte letterarie.
La zona dedicata al cibo è sempre la mia preferita e qui scovo sempre una chicca che mi induce all'acquisto. Sovente è pur vero, io ho un mio libretto su cui annoto i libri che intendo acquistare, lista che evinco dalle recensioni, dagli inserti dei quotidiani, dall'ascolto radiofonico... questo però non era annotato e mi ha incuriosito.
Il cognome dell'autrice, Aphel Barzini, è noto nel campo culinario, ha infatti lavorato per molto tempo al Gambero rosso Channel come autrice ed anche alla omonima rivista mensile.
Autrice di altri libri sul cibo, uno sulla cucina americana, ha abitato a lungo negli Stati Uniti ed è discendente di una dinastia di scrittori e giornalisti che vantano numerosi successi nel campo editoriale.
Preso in mano il volume ho avidamente e compulsivamente aperto le pagine ed ho iniziato la lettura in treno, ed è stato così avvincente che nel giro di un giorno l'avevo già letto ed elaborato.
Narra la storia dell'Italia attraverso gli occhi delle donne che silenziosamente hanno dato grande apporto alla storia della nostra cucina. Attraverso il cibo riscopriamo la storia del nostro paese, e riscopriamo figure storiche che è importante non dimenticare, proprio perché attraverso il cibo, e forse proprio grazie a questo, si riesce ad indagare nelle trasformazioni sociali e politiche, culturali di una nazione.
Un libro ben composto, documentato e curioso, con apporto di ricette e indicazioni interessanti.

Si parte dall'Ottocento, narrando della domestica fidata di Pellegrino Artusi, Marietta Sabatini, colei che ha aiutato il grande gastronomo a catalogare i piatti della tradizione, tracciando una linea di demarcazione da ciò che era a quello che sarà.
Si narra poi di Petronilla, la cuoca-medico Amalia Moretti Foggia della Rovere, che aiutò le massaie durante la prima guerra mondiale e di Lidia Morelli, che elaborò la cucina durante la seconda guerra mondiale e che chiudeva sempre i suoi libri con esortazione fascista... così via via si parla del periodo del dopo guerra, del boom economico e dell’era attuale, dominata da Internet.


Un bel percorso fatto di donne che amano il cibo, che lo studiano, lo esaminano e che portano per mano le donne di ogni ceto per dare un apporto alla loro cucina.
Vi sono appuntate anche delle ricette dei periodi e le migliori nella rosa vasta delle autrici di cent'anni di culinaria italiana ed è un bel excursus, di soddisfacente curiosità e storia del nostro paese. Racconti di quotidianità impastata con le vicende politiche ed economiche di ciascuno, di donne che han trovato un risvolto di carriera raccontando ciò di cui si occupano da sempre, acquistare alimenti e costruire un pranzo ed una cena, talvolta anche una colazione.
Evoluzione del nostro vivere e del nostro mangiare, del nostro alimentarsi e delle mode del momento.
Perché la storia passa anche attraverso le nostre tavole imbandite e il cibo è sempre il risvolto più evidente di una nazione e di una civiltà.

sabato 15 febbraio 2014

FOOD THE BOOK - "Omelette, un tavolo per due", e "Piccoli limoni gialli"

CONSIGLI DI LETTURA ATTORNO AL CIBO
Amo acquistare libri, così come amo leggerli.
Le mie letture spaziano  dalla saggistica, psicologia, storia, biografie, letteratura del mondo, arte e quanto altro sia per me interessante.
Ma un occhio particolare lo dedico ai libri che parlano o dissertano di cibo, portando la mia collezione al numero di 600, in cui si annoverano ricettari, monografie di chef stellati, letteratura di cibo, saggi, copie anastatiche di antichi ricettari, saggi riguardanti la storia dell'alimentazione...

Quindi va da sé che gironzolando per librerie, acquistando ed investendo  - li considero i miei gioielli ed una passione ingorda - il mio occhio si è posato su titoli che mi incuriosivano.
Essendoci la settimana degli sconti nelle librerie e store, la mia caccia ha portato alla cassa parecchi titoli e tante borse piene di pagine da leggere, a scapito del mio conto corrente, ma con mio immenso piacere personale. Se avessi acquistato vestiti non sarei stata così soddisfatta del rientro a casa e depositarli nell'angolo preposto ai libri in attesa di essere aperti e consultati. 
Titoli inerenti al cibo sono in aumento, forse a causa della "moda" del momento che vede il proliferare degli stessi in varia forma letteraria.
Essendo influenzata e quindi lontana dal lavoro e dal computer, ciondolante tra letto e divano,  con accanto la gatta Serena che ronfa felice, li ho aperti e divorati in due giorni.
Ve li voglio raccontare e consigliare.

OMELETTE, UN TAVOLO PER DUE -  di Heather e Rose Macdowell - Fabbri editori life 
Le autrici sono due sorelle  e sono state mosse dallo scrivere questo volume da un'esperienza di molti anni come cameriere in vari ristoranti di Manhattan.  
Raccontano di luoghi non sempre al top, delle vicissitudini dello scalare la gerarchia delle eccellenze; condividono quindi la loro esperienza con un vasto pubblico, romanzando anche un poco le vicende, per dare un sapore anche avventuroso alla loro storia.
Ci sono riuscite bene, perché si evince la loro esperienza sul campo; raccontano dal di dentro un mondo che poco si conosce: quello dei maître di sala e le altre figure della stessa. Espongono e raccontano delle diatribe che da sempre esistono tra i due comparti, cioè cucina e sala; dove la cucina con la figura dello chef di solito primeggia e prevarica le altre professioni. Si sa che gli chef sono vanitosi, egocentrici, prime donne assolute, con le loro manie talvolta anche di grandezza; nel libro vengono narrati i loro comportamenti scorretti pur che questi permettano di arrivare alla meta, e da sempre quella meta è la stella o un riconoscimento importante a vario titolo e sui vari media.
Intrecci di sentimenti - buoni e belli, come odio e amore - che le due autrici circostanziano, con scorrevolezza letteraria, mai banale o scontata, con anche un lieto fine che non guasta mai.
Vi sono anche appunti di menù e idee di composizione di piatti che possono essere utili per la mis en place dei nostri pasti quotidiani.

PICCOLI LIMONI GIALLI -  di Kajsa Ingemarsson - Oscar Mondadori
Il secondo volume è, a mio avviso, di un'altra portata. 
E' scritto da una giovane autrice svedese: ci spostiamo in Europa e quindi in un'altra visione del pasto e degli alimenti. L'autrice  non proviene dal mondo della ristorazione, ma lo ha saputo ugualmente raccontare con precisione di aspettative e vicissitudini
Queste ultime sono inerenti alla volontà di talune persone che vogliono aprire un proprio ristorante e compiere un sogno da tempo intrapreso e perorato.
Nella patria del freddo è stato un bestseller tradotto in varie lingue e ha ottenuto riconoscimenti a vario titolo. 
Nel libro si intrecciano le passioni, le vite e i sogni dei protagonisti, si sente l'atmosfera di una cittadina media del nord Europa, con le sue modalità di vita e di professioni, con un'aspirazione al quotidiano che sia non solo ricco di emozionalità ma anche di incontri e di intrecci di umanità.
Centro della vicenda è il critico gastronomico, da sempre spauracchio degli chef e della brigata intera. Essendo  il critico sconosciuto agli addetti ai lavori, si assiste nel libro ad una rincorsa nel capire e cercare di riconoscere tra i clienti la sua identità, arrivando talvolta ad atti inconsulti e servilismi inutili nell'individuazione in modo errato di questa figura. 
Il critico potrebbe essere colui che in un secondo distrugge la potenzialità e nomea di uno chef o di un ristorante, arrivando magari nel giorno sbagliato di quella brigata, fatto che può accadere e produrre la catastrofe se sei nell'elenco del giorno smarcato dalla fortuna.
All'estero, meno in Italia, questa figura molto spesso è rappresentata da donne, che vanno a distruggere o ad osannare un mondo composto quasi sempre da uomini.
In tutti e due i volumi la cucina italiana, il nostro cibo e i nostri alimenti sono centrali, prova che il mondo si inchina sulla nostra storia e cultura e se ne prende carico e la fa sua, come se fossero radici comuni, apportando la sua di sapienza e alcune volte contrapponendola. 
Si evince che ci considerano il meglio per la nostra storia, per la passione e le immagini di luoghi e di persone che hanno fatto di questa piccola e assolata penisola il centro di ricerche continue.
Infatti nel titolo del secondo volume, si evince che un alimento proprio emblematico del nostro sud come i limoni, fa la differenza: i limoni sono caratteristici di quel piccolo angolo di paradiso sapido e goloso, profumano l'ambiente e danno piacevolezza e solarità nelle fredde serate nordiche.
Anche in questo volume troverete spunti e ricettari per nuove combinazioni culinarie, assaporerete i luoghi e le vicende anche amorose dei vari personaggi e delle loro storie.
Pagine che scorreranno fluide, piacevoli e daranno attimi di sollievo e intuizioni in questo lungo periodo non semplice, magari dandovi voglia di avere un angolo vostro dove lasciar sbrigliare fantasie e talento.

giovedì 2 gennaio 2014

FOOD BOOK - La gallina che non voleva essere mangiata

CLARICE LISPECTOR, "La Bella e la Bestia", 
un racconto di cibo

Vogliamo proporvi la lettura di una scrittrice che è andata altrove da diversi anni. 
Una malattia incurabile nel 1977 l'ha sottratta al nostro piacere; Clarice Lispector era così brava tanto da essere paragonata a Joyce, Virginia Woolf e Kafka. 
Un lungo elenco di libri è la sua produzione, pagine belle, profonde e anche vergate da intimo vivere e onirico pensare.
Nasce in Ucraina, ma poi la sua famiglia emigra in Brasile e lei impara tante lingue, nonché l'Yiddish, la lingua della madre di origine ebraica.

Inizia a scrivere sin dalla tenera età; lei si discosta da importanti paragoni e prende una sua linea, una sua scrittura talvolta anche rivoluzionaria, rispetto appunto a Virginia Woolf. 
E' andata oltre una qualificazione di stile.

Voglio proporre di questa poetessa-scrittrice un estratto dal libro "LA BELLA E LA BESTIA", che ci riconduce al cibo e al rapporto con lo stesso.
Proponendo questo estratto voglio andare a stuzzicare la vostra curiosità ed esortarvi ad andare all'elenco delle sue pubblicazioni e leggerle, arrivando ad esserne attratti ed entrare in sintonia con la sua arte, che talvolta è connubbio di arte letteraria e di sapori quotidiani.

L'estratto racconta dell'inseguimento sui tetti di casa della gallina che si vuole catturare per farla diventare un buon brodo e carne lessa ruspante da assaporare. Ma la gallina non doma fugge, volando sul tetto; così si salva dal destino beffardo, che la vuole compagna di attenzione e di giochi per la fanciulla, ma anche saporito e possibile cibo.

"...c'era una volta una gallina di domenica. Ancora viva perché non erano ancora le nove del mattino... Anche quando l'avevano scelta, palpando la sua intimità con indifferenza, non avevano saputo dire se era grassa o magra. Fu perciò una sorpresa quando la videro aprire le ali dal corto volo, gonfiare il petto e, con due o tre balzi, raggiungere la rete del terrazzo. Vacillò ancora un attimo - il tempo necessario perché la cuoca lanciasse un grido - ed eccola già sul terrazzo del vicino, da dove, con un altro goffo volo, raggiunse un tetto. Lì rimase, insolita decorazione, esitando ora sull'una ora sull'altra zampa. La famiglia venne convocata d'urgenza e con costernazione vide il proprio pranzo accanto ad un comignolo"...


NB: non ho trovato l'edizione italiana...
"Fu allora che accadde. Semplicemente, per l'eccitazione, la gallina depose un uovo... e subito dopo, nata com'era per la maternità, pareva una vecchia madre esperta. Si accovacciò sull'uovo e rimase lì a respirare, aprendo e chiudendo gli occhi. Il suo cuore, così piccolo a vederlo in un piatto, sollevava e abbassava le penne riempiendo di tepore quello che altro non sarebbe mai stato se non un uovo. Solo la bambina le stava accanto e aveva assistito esterefatta alla scena. Non appena riuscì a riprendersi dallo sbigottimento si alzò da terra e uscì gridando: "mamma, mamma non ammazzare più la gallina, ha fatto l'uovo!


Ci vuole bene, lei!.. Ignara della vita che le era stata donata, la gallina prese a vivere con la famiglia"....

Mi piacciono i pollai con le loro casette ben costruite, il praticello accanto e magari un piccolo frutteto a riparo. Le galline razzolano, con accanto un gallo sempre impettito e iracondo, a guardia delle sue pennute, con il coccodè dell'uovo prodotto e il chicchirichì che annuncia il giorno. Le loro piume variopinte o monocolore, le razze, i bargigli e creste rosse, occhietto vispo attento al granello o al vermetto, smuovendo terreno e ciotoli becchettando il tesoro ritrovato.....anelo ad averlo accanto al mio giardino e chissà mai......intanto osservo quello degli altri e acquisto uova fresche per il mio quotidiano.

sabato 28 dicembre 2013

FOOD THE BOOK - Il giusto e il gusto. L'arte della cucina POP - di Davide OLDANI

Ha un sottotitolo molto suggestivo, questo quarto libro dello stellato chef Oldani: Il giusto e il gusto L'arte della cucina POP.
Lui è giovane, ha superato i trenta ed è stato discepolo del grande maestro Gualtiero Marchesi e Alain Ducasse e dopo aver appreso atmosfere e talento dai suoi maestri, è divenuto a sua volta un maestro.
Lui però è timido, umile e preferisce non farsi appellare in tal modo, ma condividere il suo sapere e la sua esperienza, che han fatto divenire stella e meta di buongustai il suo D'O nella campagna attorno a Milano, a Cornaredo.
E' tornato lì da dove era partito, percorrendo tanta strada, non sempre semplice ma comunque ricca di esperienza e incontri, sino a farne divenire un luogo fisso, una certezza e poter ancora però ripartire e incontrare ed accumulare esperienza e sapienza.
Preferisce incontrare il mondo a casa sua e così elabora posate, sedie, tavoli e spazi che siano consoni a ricevere portando ai suoi ospiti ingredienti semplici e con prezzi giusti.
Ritrova la leggerezza delle cose semplici, riproponendo i piatti tradizionali rinnovandoli dall'interno, come per il suo risotto che vi riporto a termine la ricetta ricevuta nell'incontro tenutosi all'ultimo Salone del Libro di Torino nello spazio COOKBOOK. Oppure la sua cipolla caramellata, la sua vellutata di legumi e tanto altro.
Questo libro ci racconta di imprenditoria, di principi condivisibili, di modelli comportamentali e di grandissima essenzialità.
Ci racconta del suo stare in cucina, pulirla se ne è il caso, dell'invenzione dei  suoi piatti, che condivide con il fratello Walter.
Si trova a suo agio in questo mondo semplice, leggero e surreale come un libro di Calvino che adora leggere e che diviene affabilità e sapori.
Riporto una frase che mi piace molto e che l'ho appuntata nel mio personale diario: 
"Il presente è questo anello, di lusso, fra il buon profumo di passato e il giusto appetito di futuro".

RISOTTO ALLO ZAFFERANO
Photo Credits: Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto - penccil.com

"Prendo del riso carnaroli stagionato e la qualità che si predilige, io consiglio ACQUARELLO, riso piemontese. Metterlo in una padella calda senza nulla e farlo tostare. Lo bagno con dell'acqua calda e lo porto a cottura media, portando così fuori il sapore intrinseco del riso. Facendo evaporare a poco a poco acqua.Finale di cottura, lo tolgo dal fuoco e aggiungo del burro e del parmigiano stagionato e un goccio di aceto e lo manteco cremoso.Prendo dei pistilli di zafferano italiano, quello che si coltiva in lombardia, grazie all'impegno e intuito di un giovane che si è convertito all'agricoltura".
Intanto, mentre cucina, dispensa suggerimenti, quali appunto di usare zafferano a pistillo fresco e se lo avanziamo rinchiuderlo in un  sottovuoto e tenerlo in frigorifero.
Per questa ricetta lo depone in infusione in acqua calda per alcuni minuti.
"In un'altra casseruola metto dell'olio e ci tuffo la cipolla tagliata a julienne e la irroro con vino bianco facendolo evaporare, bagno con acqua calda e intanto lego con la maizena, salando e aggiungendo anche dello zucchero, per comporre quel mix agro che risalta i sapori.Compongo così una crema che filtrerò con il colino apposito e poi ci aggiungo lo zafferano infuso e lascio il tutto riposare per 20 minuti.
Stendo nel piatto il risotto e immetto in circolarità dell'olio stemperato con buccia di arancia e questa crema con il colore giallo e i pistilli: il risultato sarà la composizione come di un quadro." 
Si avrà così un insieme di sapori e profumi che si comporranno ad ogni boccone che mescolerete e porterete alla bocca. Sarà profumo e sensorialità immensa.

Per finire, un'estratto del suo pensiero in dieci pillole:

10 Pillole di filosofia POP
1. Bisogna valorizzare l'equilibrio dei contrasti, in cucina e nella vita.
2. In cucina, il design è il contenitore che deve valorizzare il contenuto.
3. Ogni attività deve avere un profitto, ma i prezzi devono essere corretti.
4. La curiosità e l'osservazione sono il modo migliore per interpretare le esigenze dell'ospite.
5. Da ogni errore nascono possibilità, basta saperle sfruttare.
6. La priorità, per chi cucina, è l'attenzione al benessere delle persone.
7. Ogni ingrediente, dal più umile al più ricercato, merita lo stesso rispetto.
8. Al vino si deve dare la giusta importanza.
9. La spesa va fatta sempre a stomaco pieno, per evitare sprechi.
10. Il brand deve essere immediato, facile da ricordare.

Se poi ne volete sapere di più, visitate la pagina: http://www.cucinapop.do/

lunedì 9 dicembre 2013

FOOD THE BOOK - Divagazioni dal libro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa

UN ESTRATTO DAL LIBRO I Racconti La Sirena (Lighea)
Giuseppe Tomasi di Lampedusa

Voglio proporvi la lettura un racconto di Giuseppe Tomasi Lampedusa: la descrizione di un cibo all'interno di questa novella diventa un pretesto, ma anche il mezzo per conoscere ed approfondire capolavori conosciuti e - se  sconosciuti - dare incipit per aprirli e leggerli.
Questo che andrà a seguire è preso dal libro I Racconti di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Di lui si conosce soprattutto un unico romanzo, il GATTOPARDO

Da questo capolavoro  Luchino Visconti trasse un meraviglioso film, con attori e attrice sublimi e che rimane nella storia del cinema italico e del mondo.






Il nostro autore nasce da una famiglia nobile siciliana di Palermo, legato alla figura della madre, Beatrice Cutò Tomasi che era donna di grande personalità e che influenzò il figlio sin quando morì.
Beatrice CutòTomasi

Andò a combattere nella prima guerra mondiale e fatto prigioniero dagli austriaci in Ungheria, riuscendo a fuggire e ritornando a piedi alla casa paterna.
Rimasto orfano di padre, andò in viaggio con la madre e approdò a Genova, dove ebbe occasione di conoscere persone letterate che lo iniziarono alla collaborazione per una rivista letteraria.
Sposò una donna russa ortodossa, Alexandra Wolff Stomersee, (chiamata anche Licy) studiosa di psicanalisi, artista e musicista, nobile da parte del padre, il barone Boris Wolff-Stomersee, e figlia di Alice Barbi, cantante da camera.
Fu subito scontro e opposizione tra le due donne della vita di questo uomo, e così la moglie ritornò in Russia e lui rimase in Sicilia ad occuparsi dell'azienda agricola di famiglia.


La morte della madre ricongiunge i due coniugi e lui inizia una frequentazione di giovani intellettuali, ed è in una di queste occasioni che stringe amicizia con Montale e Maria Bellonci.
Alexandra Wolff Stomersee a 25 anni

Inizia a scrivere il suo capolavoro, che sarà pubblicato postumo perché un giovane Elio Vittorini che lavorava per la casa editrice Einaudi, cassò e respinse questo manoscritto. 
Cosa della quale si pentì, perché alla morte di Giuseppe di tumore, Elena Croce lo inviò a Bassani che lavorava per la casa editrice Feltrinelli e lo pubblicò, vincendo anche il Premio Strega.
A Giuseppe Tomasi di Lampedusa è stato dedicato un Airbus dell'Alitalia e un'asteroide.
La parte che vi vogliamo proporre è ripresa dal libro I Racconti, pubblicati dopo la morte dello scrittore, composti da quattro pezzi scritti tra il ’55 e il ’57: Ricordi d’infanzia, La gioia e la legge, La sirena e I gattini ciechi. 




Il racconto La Sirena (o Lighea) 
narra di un senatore del regno sabaudo, nativo della Sicilia e trapiantato nel capoluogo piemontese perché siede gli alti scranni del potere.



Costui però, prima di essere eletto senatore, è un accademico che ha tenuto corsi ad Oxford e Tubigen in Germania, con un ricco elenco di lauree honoris causa in università prestigiose del mondo, tutto il mondo. Parimenti ha in carriera un elenco infinito di pubblicazioni attorno alla sua conoscenza, nello specifico grecista. Celibe, oramai in età adulta, verso la vecchiaia, non vive nell'opulenza ma si gode decorosamente la pensione e identità da senatore. 
Il professore La Ciura, questo il suo nome, ha abitudine di andare a leggere libri e giornali in un caffè di via Po, dove si imbatte in varie tipologie di umanità e conclude nel fare amicizia con un redattore del quotidiano La Stampa, con uffici lì accanto e diventando amici, dissertano della loro terra.


..."Così parlammo della Sicilia eterna, di quella delle cose di natura; del profumo di rosmarino sui Nèbrodi, del gusto del miele di Melilli, dell'ondeggiare delle messi in una giornata ventosa di maggio come si vede da Enna, delle solitudini intorno a Siracusa, delle raffiche di profumo riversate, si dice, su Palermo dagli agrumeti durante certi tramonti di giugno..."
Dopo un'assenza quasi totale di cinquant'anni il senatore conservava un ricordo singolarmente preciso di alcuni fatti minimi: il mare. 
"Il mare di Sicilia è il più colorito, il più romantico di quanti ne abbia mai visti; ...nelle trattorie di mare si servono ancora i "rizzi" spinosi spaccati a metà?....sono la più bella cosa che avete laggiù, quelle cartilagini sanguigne, quei simulacri di organi femminili, profumati di sale e di alghe"....
Giuseppe Tomasi di Lampedusa e la moglie  Alexandra Wolff Stomersee

Un giorno il giovane amico gli regala la sorpresa di fargli trovare in tavola un grande vassoio pieno di ricci aperti a metà, con una quantità di spicchi di limone da spremergli sopra.
"I ricci spaccati, mostravano le loro carni ferite, sanguigne, stranamente compartimentate. Non vi avevo mai badato prima di adesso, riflette Corbera, ma dopo i bizzarri paragoni del senatore, essi mi sembravano davvero una sezione fatta in chissà quali delicati organi femminili. Lui li degustava con avidità ma senza allegria, raccolto, quasi compunto. Non volle strizzarvi sopra il limone. "Voialtri, sempre con i sapori accoppiati! il riccio deve sapere anche di limone, lo zucchero anche di cioccolata, l'amore anche di paradiso".
Quando ebbe finito bevve un sorso di vino, chiuse gli occhi. Dopo un po' mi avvidi che da sotto le palpebre avvizzite gli scivolavano due lagrime". (...)
I Racconti di Giuseppe Tomasi di Lampedusa fu pubblicato da Feltrinelli nel 1961.
La Sirena è stata scritta dall'ormai malato Tomasi di Lampedusa poco prima di morire; assume quindi una rilevanza fondamentale; può a tutto diritto rappresentare una sorta di testamento letterario, con una sua visione della vita e dell'amore che l'autore esprime attraverso la figura mitologica della Sirena. 

Images from Gioacchino Lanza Tomasi’s Lampedusa: A Biography Through Images, Alma Classics.
Le fotografie sono tratte dal libro: Gioacchino Tomasi Lanza, Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Una biografia per immagini, Sellerio Editore, Palermo, 1998. Si ringrazia l’Autore per la cortese autorizzazione a riprodurle.

martedì 9 luglio 2013

FOOD INTERVIEW - Tornate in cucina!

TORNATE IN CUCINA! 
Non avremmo mai voluto sentircelo dire, mai!
Risentire questo slogan, per noi femministe di quel lontano dì, ci pare anacronistico, visto il tanto tempo trascorso. Sempre noi avevamo sussulti feroci a quello slogan, ritenendolo un insulto atroce.
Venire ricacciate tra i fornelli, noi che lottavamo per una posizione nel mondo, per essere accettate come essere umano al di là di tutto e di tutti; ci sembrava quindi svilente essere solo le detentrici della costruzione del pasto quotidiano. 
Non volevamo essere quegli angeli del focolare, le detentrici della vita e dell'alimentazione. 

Lo consideravamo un ruolo riduttivo, perché eravamo e siamo altro.
Tanto altro che spegnemmo provvisoriamente i fornelli e ci dedicammo a noi, alla nostra carriera, al nostro domani; pensavamo al cibo come ad una frequentazione del piacere e  non doveva essere obbligatoriamente eseguito da noi. 
Sollevando così lo sguardo talvolta velato di disprezzo e orrore  verso coloro che continuavano ad essere quell'angelo, disastrosamente senza ali e dimesse,  noi veleggiavamo su sogni e nell'altrove.

I tempi mutano, spazzano via ideologie e ritornano modi e modalità, senza toni elegiaci e con elementi figurativi come simboli scaramantici. S'avanza una nuova teoria, non priva di fondamento, perché i tempi attuali ci riportano a dover riflettere su opportunità diverse.

Il signor Michael Pollan, guru del cibo, suggerisce alle femministe americane:  basta cibi pronti e tornate a cucinare.
Forse questo può valere in quel grande continente, dove certe ideologie sono rimaste attaccate alla pelle e alle convinzioni, ma qui, in questa penisola italica mi vien da dire in modo franco ed onesto che quel ruolo di "angelo del focolare" le più non han mai smesso di avercelo. 
Perché ci si domanda? Perché qui amiamo mangiare, e alla maggioranza non è mai così piaciuto il cibo pre-confezionato, considerandolo con orrore un indubbio mix di bassa qualità.
Noi amiamo cibarci, forse con esagerazione, ma la qualità e la modalità ci appartiene di più, rispetto ad altri popoli dell'area occidentale. 
Perché altrove, almeno nel continente asiatico, la quotidianità del confezionare cibo più volte nella giornata, è sempre stato appannaggio delle donne, che riscattano così il proprio esistere e la propria dignità. Inopinabile per un verso e opinabile per un altro, perché a ben guardare costoro sacrificano spazi e vita per costruire un insieme famigliare che talvolta le segrega e toglie loro dignità.
Sempre il nostro guru sostiene che è in atto una trattativa fra il genere umano maschile e femminile per detenere il potere ed una modalità per attuare buoni risultati può essere quello di far partecipe anche l'uomo alla preparazione dei pasti e dell'accudimento famigliare.
Secondo le statistiche però anche in Italia il passar tempo fra i fornelli è in declino, volgendo dai 68 minuti al giorno di due anni fa, ai 56 attuali, con il paradosso che sono aumentate le trasmissioni sul cibo, il web impazza e il dissertare non è da meno. 
Conclusione: ci cibiamo di più ma non abbiamo voglia di farlo, attingiamo ai fast food, allo street food, rosticcerie incluse.
Il commercio, che non è stupido, incita queste modalità e attua sconti, ai quali noi attingiamo con grande soddisfazione. Consumiamo cibo di bassa qualità, ma abbiamo esborsato anche poco pur di averlo; quindi ci mettiamo l' animo in pace, e consumiamo disinvoltamente di tutto e di più, a scapito della linea e della salute.

Francamente mi fa sorridere tutto questo, se penso a quanto un movimento come Slow Food ha speso in parole e atti in tantissimi anni per farci conoscere la verità sul cibo, divenendo coscienza critica ed esortandoci ad occuparcene in maniera responsabile e con immenso amore. Il cibo è frutto di lavoro, anche di lavoro duro e faticoso, con un intervento umano sulla natura che ha le sue conseguenze, attraversando la trasformazione sociale di genti e di luoghi.
La sua analisi è fervida intuizione, perché se da una parte il cucinare ci toglie magari tempo, che noi pensiamo prezioso per fare altro, per contro ci fa conoscere e approfondire il discorso sulla filiera del cibo, e attraverso questa conoscenza togliamo potere alle grandi corporazioni, favorendo una dieta anziché un'altra, o determinando i prodotti agricoli che vogliamo sostenere. 
Coscienti di ciò, possiamo dare spazio ad una dieta fatta sempre più di alimenti che derivano dal biologico, legati alla stagionalità, coltivati senza uso di pesticidi e senza violentare la terra, dandogli alternanza nella coltivazione. Arriviamo così al concetto di  km zero tanto caro a Slow Food e a Carlin Petrini, oramai divenuto un guru anch'esso; la sua filosofia ha legato la globalità delle genti alla stagionalità dei cicli e dei luoghi, creando un'etica nel NON SPRECO del cibo. 
Se infatti una volta di cibo ce n'era in abbondanza, anche da noi, vista la crisi, l'acquisto di generi alimentari ha subito un trend negativo, mentre in altre parti del mondo il cibo pro capite è scarso o addirittura inesistente.
Comunque i fori della cinta si allargano sempre più, e in percentuale anche la forbice dei consumi subisce un tracollo e ci ammaliamo di obesità, malattie cardiovascolari, tumore intestino.
Tant'è che andand in giro nei paesi emergenti del globo sempre più vediamo forme arrotondate, portate dal benessere incipiente che favorisce il consumo di ciò che un tempo era raro e prezioso; questo è portato dall'aumento dell'acquisto del cibo spazzatura, che reperiamo qua e là come dei rabdomanti, sovraccaricando il dosaggio più del necessario, proprio perché non ci costa fatica prepararlo.
Abbiamo così un surplus che finirà senza patemi d'animo nella discarica, dove altre persone in difficoltà andranno a rovistare e lo consumeranno per sopravvivere, andando così a costruire una filiera non prevista dieci anni or sono.
Vogliamo le patatine? Allora friggiamocele, in questo modo la distrazione che usiamo per cibarcene prendendole dal sacchetto o dalla scatola magari anche colorata e di design, ci distrarrà dall'essere schiavi di quel gusto ovunque, e ci impedirà del consumarle in macchina, davanti al computer mentre chattiamo oppure in panciolle dinnanzi alla televisione.
Il cibo di questo genere ci prende poco tempo e ci toglie tanta salute, sottraendo la meraviglia del convivio, dello stare a tavola e costruire rapporti e amicalità, svolgendo una funzione di democrazia ed educazione, portando conoscenza di conquiste, progetti di idee e civilizzazione delle generazioni.
La preparazione del cibo, secondo Pollan, ha un significato filosofico perché induce a pensare da dove provengono i dati ingredienti, chi sono le genti che lo hanno cresciuto, coltivato ed elaborato, qual'è stato il tempo per arrivare a maturazione in quel magnifico ciclo della natura.
Compi un viaggio, il giro del mondo, incontri popoli e costumi, sei connesso con l'universo solamente restando lì davanti ad un ingrediente o alimento. Arrivando ad essere connesso con l'umanità.
Ha delle sue belle teorie e convinzioni, che collimano con molti sempre di  più, per esempio l'opinione che se sei carnivoro dovresti uccidere almeno una volta nella vita l'animale di cui vuoi cibarti, introiettando così il significato che ha il verbo uccidere, divenendo esperienza drammatica. Infine divenendo colpevoli per quell'omicidio.
Vi è un nuovo mood negli Stati Uniti, quello di incontrarsi nelle farmers per discutere, firmare petizioni, acquistare e condividere pensieri ed amicizia, costruendo una propria e unitaria cultura sul cibo. Questo soprattutto tra i ventenni che, avvicinatesi al cibo, si sentono in armonia con lo stesso, connessi col villaggio globale, e costruiscono così una nuova coscienza politica, un concetto di comunità che vuole un' ambiente pulito. Si è così palesato il concetto di votare attraverso la forchetta ed è così stimolante che pensano di costruire un'economia alternativa.
Coinvolgendo via via sempre classi diversa di età e costruendo idee mai banali, stimolano la coscienza ed un'efficace attenzione.
Il nostro guru ha imparato a cucinare dalla madre che a sua volta ha imparato a cucinare seguendo la famosa gourmande Julia Child, che è stata guru di generazioni di donne americane, favorendo una coscienza sul cibo costruito con dovizia ed intelligenza. Lei che aveva imparato a cucinare in Francia e ha scritto libri che sono stata la Bibbia allora come oggi,dato che che sulla figura si è confezionato un film tratto da un libro di successo. 
Chi l'ha scritto è una trentenne blogger appassionata di questa diplomata Cordon Bleu che ha raffinato palati e costruito ideologie attorno al cibo. Ne abbiamo fatto recensione su questo blog tempo addietro.
Seguendo l'intervista di Mr Pollan, troviamo citata una sentence coreana che recita "il gusto delle lingua è il gusto delle mani", dove il gusto della lingua è favorito dalle papille gustative, e quello delle mani invece è opera d'arte di colui o colei che firma quel piatto; e che non può essere di nessuno perché è di quella persona lì che lì ha cucinato ed è infine è il gusto dell'amore.


Questa dissertazione-recensione ha preso spunto da un articolo apparso su  D inserto di Repubblica, a firma di Mara Accettura, dove si  intervista  Michel POLLAN  per l'uscita recentissima del suo ultimo libro COOKED; è già un bestseller negli Stati Uniti, dopo un altro bestseller mondiale pubblicato anche in Italia dalla prestigiosa casa editrice Adelphi, dal titolo "Il dilemma dell'onnivoro e in difesa del cibo".

mercoledì 26 giugno 2013

FOOD THE BOOK - Come diventare amiche di Alice attraverso un libro di ricette

I BISCOTTI di BAUDELAIRE di Alice B. TOKLAS


Eccolo qui, nelle mie mani e mi fa trepidare aprirlo. 
Sto per dare lettura ad un volume dalla copertina verde acido, un colore che mi piace assai, con raffigurati in bella posta delle madeleinette di proustiana memoria, con un interno verde pistacchio.
Ci è arrivato per posta, a seguito di mail e contatti, ed è omaggio da parte di una casa editrice raffinata e molto illustre, in quanto a pubblicazioni. Parliamo di scienza, matematica, filosofia, teologia e quanto altro ci può ricondurre alle scienze al di fuori di letteratura e molto al di là di un libro di ricette.
E' la nuova scommessa da parte della Bollati Boringhieri, quella con le copertine blu intenso, quella casa editrice che ha sede in terra sabauda, la letterata e magari un poco snob Torino.
Non è un libro di ricette qualsiasi, no: è il libro di ricette riconducibile a quella Alice B. Toklas, che fece coppia per lungo tempo - sino alla morte di lei - con la grande scrittrice Gertrude Stein, di cui abbiamo già parlato a proposito di FOOD ART.
Che poi scrittrice... non solo! Era anche intellettuale profonda e colta, collezionista di opere d'arte e amica di tutto quanto può ricondurci all'intellighenzia dagli anni '30 sino agli anni '60, quando morì a seguito di una lunga e terribile malattia. Lasciò Alice sola e infine anche ridotta in povertà da parte della famiglia Stein che si portò via tutto, compresi meraviglie di quadri della portata di Picasso, Picabia, Matisse e via dicendo.
La storia di questa coppia omosessuale ci può insegnare nel finale cosa vuol dire non dare diritti e pari opportunità a persone che si amano, stimano e conducono una vita assieme lunga e intensa, producendo bensì ricchezza, ma anche appartenenza, complicità e relazioni.
GERTRUDE AND ALICE, PARIS, OCTOBER 1939

Le due amavano cibarsi, non col vezzo di mangiare per ritemprarsi dagli affanni, ma amavano il cibo sapido, colto, ben costruito e vario.
Non avevano gli stessi nobili lombi, Stein è ancora oggi riconducibile ai wasp americani, mentre i Toklas erano borghesi benestanti, comunque erano ben assortite nonostante la differenza. 
Alice Toklas più propensa all'organizzare, all'occuparsi del ménage della coppia, alla rilettura degli scritti della Gertrude, che non andavano in stampa sinché lei non avesse dato giudizi e correzioni - il suo giudizio era fondamentale - alla sovraintendenza dei pasti e delle bonne de chambre e cuoche-cuochi dipendenti, al mettere insieme ospiti e pietanze, alle relazioni della coppia con il mondo esterno fatto di intellettuali, nobili, artisti nonché persone comuni. 
Sempre però carichi di sapere e presenza di spirito, e soprattutto... buongustai.
Saziò la fame di alcuni dei massimi artisti del divenire, quali Picasso e Matisse, cercando anche di stemperare gelosie e rivalità, soprattutto da parte del primo verso quest'ultimo. 
Quadri, meravigliose pitture adornavano le loro molte residenze, così come per la antica e accomodante Bilignin, residenza che rimase sempre nel loro quotidiano vivere, con orto che lei accudiva come si accudisce un neonato, con raccolte di ortaggi e erbe aromatiche, nonché frutta, che la inorgoglivano.

E così sfogliando con attenzione questa bibbia del sapere culinario, leggo ricette che han regalato amici, tra le quali una giovane Fernanda Pivano Sottsass, oppure raccolte qua e là spiando e facendo parlare le tante cuoche e cuochi che sono stati a servizio, oppure raccolte nei vari party o nei tanti ristoranti frequentati dalla coppia. Ovunque andasse raccoglieva informazioni e dati sulla cucina francese, scrivendo appunti e punteggi, dando valutazioni e amando poi riproporle ai convitati loro.
Lei sapeva cucinare e quindi parlava con competenza, buongustaia, non amava molto la cucina del suo paese d'origine, pensando che il must fosse sempre e comunque la grande e grassa cucina francese, con i suoi prodotti del territorio e le sue tante specialità.
Le ricette riportate nel libro sono gustose, segno di un passato, ma comunque possibili riportarle ancora oggi sulle nostre tavole, senza grandi problemi, se non quello di reperire ingredienti abbastanza costosi, come le ostriche, che loro amavano molto. 


Sono raccontati anche i siparietti a volte surreali con le loro cuoche: tre sorelle che si alternano perché incinte o vanno in sposa; un cuoco indocinese molto poco affidabile, che però è un portento in cucina, sino a sentirne forte mancanza quando sparirà per poi ricomparire a tempi alterni; cuoche basche, alsaziane, giovani e di mezza età che portano leccornie e meraviglie tra gli sbuffi delle pentole e la tavola apparecchiata sotto lo sguardo di capolavori dell'arte del secolo scorso - il colore rosso di Matisse e le figure astratte di Picasso o lo sguardo non tenero di Gertrude dipinta assisa nella sua seggiola preferita, ritratto composto dal guascone spagnolo che diverrà il genio della pittura.



Le ricette del pollo sono gustose, variegate in modalità di cottura e spesso ripiene di tartufi, quando il vento dell'abbondanza gira da quelle parti.

Il picnic che adoravano, perché era anche un modo per andare a visitare musei, contrade, luoghi; vi ritroverete spunti per gustosissimi sandwich, non il solito picnic, ma pasti per allietare una tovaglia tra l'erba e riprodurre capolavori di arte.
Ci sono versioni fantasiose per camuffare la mancanza di carne - siamo al tempo delle guerre, due per esattezza che le ha viste coinvolte - e quindi ricorrevano alle risorse dell'orto, che il tepore della Provenza e il lavoro di Alice rende rigoglioso.
Si legge di un anatroccolo messo a macerare con i fichi gustosi e appena colti per poi cuocerlo con questo estratto; nel leggerlo mi viene uno svenimento per la voglia di cibo che mi assale.


Salse, pesce, dolci, carni, verdure, potage e quanto altro che provengono dalla raccolta di Alice e che tracciano gli episodi e la vita di queste due colte, intelligenti e mai paghe di vita e curiosità signorine che hanno attraversato i tempi sempre amandosi e amando vita e persone.



Il titolo del libro proviene da una ricetta che troverete nell'indice, datale da una certa Brion Gysin e il sottotilo cita:

... "ottimi per le giornate di pioggia" e verga la Toklas: "è il cibo del paradiso....dei paradisi artificiali di Baudelaire. Un dolce che potrebbe animare una riunione del Bridge Club e in Marocco mi dicono può esser utile a tenere lontani raffreddori durante inverni umidi, efficace se accompagnati da tazze di tè caldo alla menta".....ed ancora "bisogna rilassarsi e aspettare allegramente di piombare in uno stato di dolce euforia e scrosci di risate, sogni estatici ed estensione della personalità a diversi livelli simultanei. Se vi lascerete andare, potrete trovare quasi tutto quelle che provò santa Teresa".

Di certo vi sorprenderà tutto questo preambolo, ma sarà meraviglia perché uno degli ingredienti è sorprendente.....non vi svelo nulla, andate a leggere e ne sarete piacevolmente sorpresi.



Con una descrizione così viene immediatamente voglia di prendere ingredienti e mettersi al lavoro per andare a reperire queste sublimazioni estatiche. 
Ma le avrete tutte e tante se avrete nel vostro angolo preferito dove tenete i capolavori culinari e non, questo volume.


Ancor più, dopo aver costruito cibi e colazioni con queste ricette, diverrete amiche della signorina Toklas. 

Virtualmente si sa, ma penso che lei si aggiri ovunque il cibo sia perfetto accompagnatore di estatiche degustazioni.