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martedì 26 marzo 2013

FOOD HISTORY- Storia della dieta mediterranea

CARATTERISTICHE E BENEFICI

La cucina tradizionale del bacino del mediterraneo, quindi delle coste italiane, spagnole, greche, francesi e arabe, è diventata negli anni ottanta una vera e propria
“dieta”.
La proclamazione è avvenuta negli Stati Uniti. Il modo di mangiare tipico del bacino mediterraneo è stato proposto come un antidoto contro i numerosi disturbi causati dalla classica dieta americana: iperproteica, iperlipidica, ipercalorica, sovrabbondante di carboidrati raffinati e carente invece di molte sostanze importanti per la salute.

IN CHE COSA CONSISTE
La dieta mediterranea è ricchissima di verdure di tutti i tipi e di frutta matura di stagione. 
Gli alimenti fondamentali sono: pasta, pane, pizza e, in alcune zone, anche il riso, miglio e altri cereali; leguminose, pesce, erbe aromatiche, olio di oliva, latte e formaggio di pecora o di capra e vino.

La carne è relativamente poca e prevalentemente di cortile – pollo e tacchino, coniglio – o ovina. I cibi hanno colori e sapori intensi: è una cucina allegra e gratificante.

Basta cercare tra le nostre tradizioni regionali, nelle ricette della cosidetta “cucina povera” per trovare infatti spunti del mangiar sano: i pasti non sono eccessivamente calorici né pesanti da digerire, e trasmettono ugualmente un buon senso di sazietà. Sembra che oggi la Grecia sia la rappresentante più valida della vera dieta mediterranea.

LA FILOSOFIA DELLA DIETA MEDITERRANEA
Partendo dalla osservazione che le popolazioni di alcune zone erano particolarmente longeve e indenni da malattie degenerative, si è indagato sulle qualità della loro alimentazione.
Dalle ricerche effettuate sono emersi dei dati molto interessanti :
  • L’OLIO D’OLIVA è ricco soprattutto di acidi grassi monoinsaturi, è particolarmente utile nel prevenire a combattere l’ipercolesteroleria e l’arterioclerosi. Sembra addirittura che la composizione degli acidi grassi dell’olio extra vergine di oliva sia particolarmente simile al latte materno, per cui può essere uno dei primi alimenti dopo lo svezzamento;
  • IL PESCE specie quello azzurro, è ricco di sostanze che favoriscono l’HDL o High-Density Lipoproteins (il cosidetto “colesterolo buono” che tiene pulite le arterie e combatte gli altri tipi di colesterolo, l’LDL e il VDL) ed è inoltre facilmente digeribile e ricco di proteine pregiate;
  • LA PASTA e altri carboidrati complessi, dà energia e, se correttemente condita, non fa ingrassare. Si presta egregiamente a essere combinata e completata per l’apporto proteico, con leguminose (esiste un’infinità di ricette regionali di saporite zuppe e piatti asciutti) e con semi oleosi (per esempio i pinoli nel pesto o la salsa di noci)
  • LE PIANTE AROMATICHE rendono più saporite e più digeribili le pietanze e permettono di ridurre il consumo di sale e condimenti grassi
  • LATTE E LATTICINI OVINI sembrano predisporre meno ad allergie e intolleranza;
  • FRUTTA E VERDURA contengono addirittura una farmacopea intera, che si sta sempre più scoprendo e valorizzando, per la prevenzione di un grande numero di malattie.
  • IL VINO è considerato da molti parte integrante della dieta mediterranea. Se consumato in quantità moderata e a condizione che sia genuino e ben fatto, il vino è, secondo il parere di alcuni esperti, una bevanda utile per la salute, per esempio per le arterie. 
    E quasi certamente preferibile a molte altre bevande come le bibite zuccherate e simili.
UN ASPETTO INTERESSANTE è l’uso tradizionale di piante spontanee, tipiche delle singole zone. Le piante spontanee, se vengono colte in zone lontane dalle industrie, dall’abitato, dalle strade e dai terreni agricoli, sono per la loro natura “biologiche”, cioè relativamente indenni da residui indesiderati. Inoltre sono particolarmente ricche di principi nutritivi come per esempio alcuni sali minerali e oligoalimenti di cui gli altri vegetali sono ormai carenti.

domenica 24 marzo 2013

FOOD RECIPE - Paste di frolla ripiene di marmellata

PASTE DI FROLLA CON RIPIENO DI MARMELLATA DI PRUGNE

Una ricetta molto semplice da fare in casa, mi ricordo che le faceva sempre mia nonna, di tanto in tanto. Questa l'ho infatti presa da dei suoi appunti su un quaderno; è di base una variante della classica frolla, e il ripieno può essere di qualsiasi marmellata, io ho scelto quella di prugne.

      INGREDIENTI                                                                                      
  • 400 gr di farina 00
  • 100 gr di maizena
  • 150 gr di zucchero semolato
  • 50 gr di zucchero di canna
  • 200 grammi di burro morbido
  • la buccia di 1 arancia grattuggiata
  • 1 bustina di lievito per dolci
  • 2 uova
  • 1 pizzico di sale
  • marmellata di prugne
Fare la pasta frolla: amalgamare il burro, lo zucchero e l'arancia gratuggiata fino ad ottenere un bel composto senza grumi, quindi aggiungere poco a poco la farina setacciata, e il lievito. Alla fine aggiungere le due uova e il sale. Lavorate velocemente la pasta, e se dovesse occorrere per facilitare, se vedete che il composto è troppo duro, potete aggiungere un cucchiaio di latte. Fate una palla del composto e mettetelo in frigo per almeno un'oretta. 
Prendete la palla di frolla dal frigo e lavoratela brevemente, per poter essere stesa. Ripiegatela su sé stessa prima da una parte e poi dall'altra, per un po' di volte, fino a quando riacquista plasticità.
Stendete la sfoglia fino ad un'altezza di 4 mm circa, e con l'aiuto di un taglia pasta dentellato di 8 cm o 10 tagliate fino ad esaurimento. A questo punto adagiate mezzo cucchiaino di marmellata su ognuna e chiudetela a mezzaluna. Adagiate le paste così ottenute su di una teglia e fate cuocere a 180° per circa 15 minuti, fino a quando saranno dorate. Lasciatele raffreddare e servite. Sono ottime per colazione o per merenda, ma anche per chiudere una cena con un tocco di dolcezza...
Ceramiche di Artfact Pottery

©PHOTO EDITING - elisa roattino

sabato 16 marzo 2013

FOOD ART - L'estetica dei quadri nei piatti di Gertrude Stein e Alice Toklas

LE PASSIONI CULINARIE DI GERTRUDE STEIN E ALICE TOKLAS
Getrude Stein
Gertrude STEIN nasceva un 3 febbraio alla fine dell’Ottocento, ultima di cinque fratelli, in una famiglia borghese ebraica di un grande continente nuovo: l’AMERICA.
Come tutte le famiglie americane benestanti del tempo, ci si laureava e si viaggiava, e il sogno per tutti loro era andare a visitare l'Europa.
In famiglia si predilige studiare medicina e lei si orienta ad Harvard su psicologia; mentre la famiglia incontra il primo grande lutto (muoiono a breve distanza i sui genitori), decide che per lei andare in Europa è il toccasana. Gertrude ama scrivere e lo fa su riviste di psicologia, continuando a studiare biologia; dopo la laurea in lettere, si regala per la fatica un lungo soggiorno nel vecchio Continente assieme ad un gruppo di amici.
Peregrinando decide di impegnare il suo tempo anche per approfondire ciò che ama e a Londra studia arte e decide la sua dimora: Parigi.

Scrive un pamphlet su americani che riscontra un certo successo e andando a stabilirsi a Firenze da amici collezionisti di Cèzanne, si innamora profondamente dell'arte e inizia a collezionare essa stessa.

Gertrude nel famoso quadro di Picasso
Man mano che pubblica, investe i suoi guadagni con aiuto del fratello prediletto Leo, acquistando dei Matisse e divenendo amica di Picasso attraverso il mercante d'arte Sagot.
Lo strano spagnolo le chiede di posare per lui e quelle 96 pose saranno fatica ma anche approfondimento di un rapporto che diviene fraterno, sino alla morte, da lei definito il “bel lustrascarpe, un tipo fosco e vivacissimo, cogli occhi che paiono laghi e un fare violento senza essere villano”.
Pubblica, guadagna e ama acquistare quadri ma anche lussi quali un cappotto di Hermes e un collare sempre di Hermes per il suo cagnolino; ne possiederà parecchi di amici pelosi nella sua esistenza, che diverranno come figli per lei e la sua compagna.
Gertrude Stein seduta sul suo sofà, con sopra il famoso
quadro di Picasso
Ad un certo punto entra nella sua quotidianità Matisse e moglie: tappezza con i suoi quadri una stanza particolare della sua casa, che collegherà con un corridoio lungo all'altro corpo del villino; non solo Matisse, ma Picasso e altri pittori che gradiscono e che lei vuole aiutare nel loro esordio. 

La famiglia diviene così una delle più importanti collezioniste del mondo.
Invitano in questa stanza tutte le persone che vogliono conoscere l’arte. 

Molte di queste diverranno amiche e inizieranno a sedere alla mensa dei fratelli Stein. Mensa succulenta tenuta in lustro da una cuoca popolana parigina, che diverrà un mito tra i collezionisti ed estimatori amici.





In questa stanza vi è solitaria una grande poltrona, la stessa dipinta da Picasso, dove la Stein si accoccola e ciondola coi piedi. Non era di alta statura e come tutte le piccole non arrivava a terra coi piedi.

Alice Toklas
Una di queste persone è Alice Toklas, anche lei americana amante dell’Europa e di Parigi. Diventerà per Gertrude la sua collaboratrice, la sua copista e soprattutto la sua compagna di vita. Rimarranno assieme sino alla morte. Recentemente in un libro uscito sulle passioni e vita delle coppie famose, si sostiene che questa fu la coppia famosa più longeva. 
Fu amore a prima vista.
Gertrude gli regala un anello molto importante con una grande perla aguzza, in modo che se gli uomini vogliono farle il baciamano non sfiorino la pelle, in virtù di queste punte aguzze.
Intanto affinano anche le loro abilità culinarie, dovute al fatto che la loro amata cuoca le lascia perché va in sposa e fa un figlio. Ritornerà da loro nuovamente a servizio, perché gravata dalle difficoltà economiche dovute alla perdita del lavoro da parte del marito.


Viaggiano molto, vagano per Spagna, Italia e sono ospiti di illustri personaggi.
Gertrude e Alice nella loro casa, con i quadri famosi appesi alle pareti
 Gertrude pubblica e crea un periodico denominato “CAMERA WORK” e inizia con una monografia su Matisse e Picasso.


Diverrà un libro tradotto in molti paesi del mondo.

Gertrude Stein ha un humour candido e discorsivo nella sua scrittura, è una miniera di battute, di aforismi, di episodi gustosi. 
E’ una lettrice vorace, viaggiatrice con frenesia, insegue dichiaratamente il successo.


Quando nel 1914 scoppia la guerra in Europa si trovano a Londra e decidono di ritornare a Parigi. Ma si spaventano molto delle incursioni degli Zeppelin e vanno a Barcellona. Sbarcano a Maiorca, ma ogni tanto vanno assieme a Picasso a Valenza per vedere le corride.
Come molti americani che si trovano in Europa, affittano un camion e si mettono a servizio dell’umanità dolente e ferita dalla guerra. 
Gertrude alla coda di una mensa militare durante la guerra
Distribuiscono i sussidi e aprono un magazzino di distribuzione. Assieme alle due nostre eroine, si affianca il gotha della pittura, della letteratura, dell’arte, dell’aristocrazia.
In questo frangente Gertrude incontra Ernest Hemingway e nasce una importante amicizia. Intanto la Francia la insigna di una medaglia per meriti riconosciuti di attività benefica durante la guerra.
Diviene anche madrina del figlio di Hemingway e nell’estate 1923 assieme ad Alice compie un viaggio a Belley.
Vengono intanto pubblicati alcuni suoi titoli importanti, che la fida Alice cura e sovrintende.
Compie anche viaggi nelle università europee ed americane per tenere conferenze.
Nel 1929 affittano la casa a Bilignin. 
Gertrude e Alice nella loro casa
Questa villa molto bella, inserita in un parco importante, sarà la loro dimora preferita che rimarrà sempre nel loro vissuto. Qui si rifugeranno per lungo tempo e qui arriveranno i loro amici che si occuperanno di rifocillare. Queste tavole saranno di volta in volta preparate in onore della persona che vi si avvicenderà, con cura ma soprattutto con i colori, le modalità come i quadri che loro dipingono.
Le vicende belliche costringeranno Gertrude e Alice a trascorrere quasi tre anni lontano da Parigi, bloccate dalla linea di occupazione tedesca nella dimora delle vacanze estive.
Qui ricevono visite di artisti e letterati, ospitano militari italiani ed americani e con l’aiuto del vicinato e l’utilizzo dei prodotti dell’orto personalmente curato, riescono ad offrire prelibate vivande
Gertrude cammina molto assieme al suo cagnolino alla ricerca di uova, farina, burro e quanto serva per mettere insieme pranzo con cena. Guida una vecchia Ford, ma incapace nel fare retromarcia, sovente l’abbandona dove si è trovata in difficoltà.
L’ispirazione viene loro fornita dallo spirito della dimora, che ospitò il grande gourmet Brillat-Savarin autore di un testo fondamentale per palati sopraffini del mondo: “Physiologie du gout”. Lui era il proprietario della dimora.
Alice e Gertrude mentre raccolgono fiori, forse vicino
al loro orto
Il loro orto era una tavolozza di colori, sovente si soffermavano a rimirarlo. Era per loro come rimirare estasiate un quadro di Picasso o di Braque. La Stein di questi ultimi era musa e mecenate.
Scrivono libri di ricette, frammentati da episodi, commenti, percorsi gastronomici incredibili riportati nelle pagine con dovizia di particolari e ne scaturiscono anche i sapori.
Avevano una visione culinaria della vita. Il cibo e la tavola del convivio erano i collanti delle loro unioni e giornate. Amavano quell’atmosfera gioviale ed intima, accompagnata dal sapore delle vivande e del buon vino, che meritava l’esistenza in questa vita.


C’è una frase importante del loro racconto: “Furono quattordici anni di gioia. Durante l’estate ci lavoravo in quegli orti, d’inverno li sognavo e facevo mille progetti”.

Gertrude Stein 
Poi devono abbandonare la casa di Bilignin, vengono sfrattate per coincidenze strane e molto aggrovigliate.
Si trasferiscono lì intorno, nella campagna della Provenza. Anche la famosa casa di Parigi devono lasciare, anche questo per un malinteso. Traslocano le loro cose in Rue Christine e chiudono la casa di Parigi.
A guerra finita Gertrude si reca a visitare le basi dell’esercito statunitense nella Germania occupata. Tiene delle conferenze a Bruxelles.
Intanto vengono rappresentate delle sue pièce negli Stati Uniti e a Parigi.
Nel 1946 Gertrude si ammala di cancro, redige un testamento poi contestato dai suoi fratelli e muore un pomeriggio dopo un’operazione.
Rimasta sola Alice, si trasferisce con tutte le sue cose, quadreria compresa, a Parigi.
Il libro di Alice Toklas
Saranno mesi e anni di solitudine, di raccolta di materiale per pubblicare le revisioni dei libri della sua amata e per pubblicarne alcuni dei suoi sulle ricette.

Viene in contrasto con la famiglia Stein che vuole portare via la raccolta di quadri. Quadri donatele da Gertrude e che lei, sebbene in difficoltà economiche grandi, non venderà.

Gli Stein portarono via parecchie cose ad Alice. Ma fu lei la testimone e la guardiana delle cose dell’amata sino alla sua morte avvenuta nel 1967.
Vi è un aneddoto molto grazioso che traduce la personalità della signorina Alice. 


Fernanda Pivano, loro amica ed estimatrice, la raggiunge a Parigi. Quando si accomiata, Alice le porge una vecchia cappelliera con dentro in bella forma dei sandwich prelibatissimi per il viaggio


Il gusto del cibo, dell’amicizia e dell’ospitalità non lo perderà giammai, sebbene in difficoltà evidenti.
Gertrude Stein e Alice Toklas con il loro amato cane. Forse
Alice tiene in mano uno dei suoi libri?


L’arte, la letteratura e la ricerca devono molto a queste due ricche personalità. Ma soprattutto si deve loro molto per la ricerca, la storia del cibo e del buon vivere. Sono l’esempio di personalità poliedriche che hanno fatto del buon vivere e del buon gusto l’impegno di una vita.

Credo che se nella nostra giornata mettiamo del cibo eccellente, del vino altrettanto eccellente e l’allegria necessaria al desco in cui ci si siede abbiamo compiuto un passo importante all’equilibrio del nostro vivere ed al nostro spirito interiore.




Alcune ricette prese dal libro di ricette di Alice Toklas
NAVARIN PRIMAVERA
Chiedere al macellaio di tagliare a pezzi regolari 1 kg di spalla di montone. Sciogliere 2 cucchiai di burro a fuoco vivo in una pentola di ferro o smaltata. Quando sarà ben caldo mettere i pezzi di carne. Mescolare con un cucchiaio di legno fino a quando la carne sarà rosolata su tutti i lati. Aggiungere sale e pepe e 2 cucchiai di farina dopo aver tolto grasso. Mescolare 10 minuti. Coprire con brodo e mescolare ogni tanto. La salsa dovrebbe essere perfettamente omogenea. Aggiungere un mazzetto di timo, prezzemolo e una foglia di alloro, un pizzico di noce moscata in polvere e una grossa cipolla con infilato 1 chiodo di garofano e 1 spicchio di aglio pestato.
Aggiungere 1 kg circa di pomidori pelati tagliati a pezzettini. (Vi consiglio di Esperya il “miracolo di San Gennaro”) Portare a ebollizione coprire la pentola e ridurre la fiamma. Lavare una dozzina di patate novelle, asciugarle e sbucciarle. Pulire una dozzina di carote novelle, lavarle e asciugarle.
Sbucciare 1 tazza di piselli, pulire 1 tazza di fagiolini verdi novelli. Dopo 1 ora di cottura, togliere il mazzetto e la cipolla dalla pentola del montone. Se la salsa è grassa, sgrassarla. Portare a bollore e aggiungere le patate, carote e cipolle tagliate a tocchetti fini. Coprire e ridurre la fiamma a fuoco medio. Sbollentare piselli e fagiolini. Dopo mezzora di cottura aggiungere alle prime verdure, queste ultime e far cuocere ancora per una mezzora. Servire caldo in un piatto scaldato in precedenza.

POLPETTONE DI VERDURE
1 melanzana di media grandezza
1 tazza di sedano tagliato fine
1 tazza di formaggio fresco
1 cucchiaino di spezie tritate: pepe, cannella, noce moscata
1 cipolla di media grandezza con assieme dei cipollotti
1 pomodoro
1 cucchiaio di germe di grano (quello per fare la pastiera)
4 cucchiai di olio e poco burro
mezzo cucchiaio di erbe quali: timo, erba cipollina, basilico, prezzemolo
salsa di soia
1 uovo
sbucciare la melanzana e passarla al mixer. Sciogliere olio con poco burro padella ferro e metterci le verdure a cuocere piano fino a consumare il sugo che loro emanano.
Aggiungere le erbe tritate e poco dado vegetale e poi raffreddare. Aggiungere uovo sbattuto, pane grattugiato, germe di grano e formaggio e poco olio. Imburrare una teglia e cospargere di pangrattato, versare il miscuglio e coprire di pane grattugiato e burro fuso. Cuocere a forno caldo per 25 minuti.

POLLO “VENT VERT” dedicato in una serata a Pierre Balmain loro ospite a Parigi.
Scegliere dei polli giovani di circa 500 gr l’uno (2 polli per 3 persone). Tagliarli in quattro pezzi, mettere da parte frattaglie e la carcassa. Preparare un buon bouillon condito con timo, alloro, chiodi di garofano, cipolle, sale al sedano e pepe indocinese.
Mezzora prima di servire, far saltare nel olio a fuoco lento per circa mezzora i pezzi di pollo con sale e pepe. Per servire, disporre su un piatto fine. Versare il bouillon con uno spruzzo di brandy nella padella. Mescolare bene. Poi aggiungere una grossa manciata di dragoncello fresco tritato e far cuocere finché bolle. Coprire i pezzi di pollo con questa salsa. Si potrà anche aggiungere della panna, a piacere. (Preferisco personalmente il pollo senza la panna).

Questo pollo si può servire senza verdure ma accompagnato da una
INSALATA “VENT VERT”
Tagliare a piccoli pezzi regolari, senza trascurare i gambi, dei cuori di tenera insalata romana. Aggiungere sedano, indivia, peperoni colorati e punte di asparagi. Aggiungere alcune foglie di songino per formare dei piccoli ovali perfetti e 1 cucchiaio per persona di pezzettini di grana e del gruyére tagliato a bastoncini finissimi.
Preparare un condimento con sale, pepe indocinese, aceto bianco e olio di noci. Sbucciare bene 2 noci fresche per persona, tagliarle a pezzettini e aggiungerle all’insalata, che dovrà essere servita in una grossa insalatiera di terraglia verde.


Se siete interessati alla bibliografia:
"TRE ESISTENZE" di Gertrude Stein - Einaudi
"COME VOLEVASI DIMOSTRARE" di Gertrude Stein - Einaudi
"C’ERANO UNA VOLTA GLI AMERICANI"  di Gertrude Stein - Einaudi
"IL LIBRO DI CUCINA" di Alice B. TOKLAS prima edito da Einaudi e poi recentemente da La Tartaruga edizioni.

giovedì 14 marzo 2013

FOOD HISTORY- Bartolomeo Scappi, il cuoco dei papi nel Rinascimento italiano


L'OPERA DI BARTOLOMEO SCAPPI MAESTRO DELL'ARTE DEL CUCINARE 
Con la quale si può ammaestrare qual si voglia cuoco, scalco, trinciante, o maestro di casa: 
Divisa in sei libri ... : con le figure che fanno di bisogno nella cucina. Aggiontovi nuovamente il Trinciante [di Vincenzo Cervio], et il Mastro di casa [del Sig. Cesar Pandini ...]

L'autore, Bartolomeo Scappi
Oggi vi parlerò di una figura determinante nella cucina del tardo Rinascimento, la cui opera ha anticipato molte delle caratteristiche che distinguono la cucina italiana moderna.
Avevo avuto modo di approfondirla in merito all'evento Bologna 2000, laddove avevamo proposto un itinerario gastronomico rinascimentale, e qui ve la ripropongo volentieri. 
Il suo trattato culinario è famosissimo, e dovrebbe rappresentare un imprescindibile conoscenza per ogni cuoco.

Il personaggio è Bartolomeo SCAPPI, (Dumenza1500 – Roma13 aprile 1577) anche definito il cuoco dei Papi.

L’OPERA dello SCAPPI, uno dei più grandi maestri cuochi di ogni tempo, rappresenta infatti l’insuperato capolavoro della trattatistica culinaria dei secoli passati.

Bartolomeo SCAPPI sta alla cucina come MICHELANGELO alle belle arti. Il suo manuale di culinaria per la bellezza della stampa, la metodica presentazione e la comprensibilità, costituisce un tipico esempio della lineare eleganza dell’Alto rinascimento.
Nessun libro altrettanto autorevole ha fatto la propria comparsa prima della metà del XVII secolo e nessuno ha potuto competere con l’OPERA per la serie di vivaci e scrupolosi disegni illustranti la cucina ideale fornita dall’attrezzatura indispensabile al cuoco provetto. 
Il testo è esauriente quanto le illustrazioni e le ricette sono così precise nei particolari e così chiaramente elencate da eclissare parecchi moderni libri di cucina. Bisogna infatti ricordare che a Bartolomeo Scappi si devono le tecniche dell'l'infarinatura e dell'impanatura, come anche la sigillatura delle carni bianche e rosse prima della cottura; inoltre fu il primo ad utilizzare i prodotti che arrivavano solo allora dalle Americhe.


Le origini del nostro maestro cuciniere sembrano avvolte nell’ombra. 
Alcuni lo davano per Veneto, suffragata ipotesi anche dal fatto che il libro fu stampato a Venezia.
Lo studio di Luigi FIRPO lo dice di ceppo bolognese. La presenza a Bologna della famiglia SCAPPI, ritenuta originaria di S. Lorenzo in Collina, è, infatti, documentata fin dal secolo XIII quando i suoi membri aderirono alla frazione guelfa dei Geremei e appartennero al Consiglio dei 2ooo e a quello dei 6oo. Dopo aver ricoperto importanti magistrature civiche, gli Scappi furono aggregati al Senato bolognese per breve di papa Urbano VII nel 1590, cioè appena vent’anni dopo l’uscita dell’Opera. 

Si crede che a questa elevazione di rango abbia contribuito anche la fama raggiunta da Bartolomeo, la sua dimestichezza con l’ambiente della corte romana e soprattutto i piatti succulenti con cui prendeva per la gola il papa e i cardinali.
Fin da epoca antica gli Scappi possedettero una casa con annessa torre nel cuore di Bologna, fra la cattedrale di S. Pietro e la Piazza Maggiore. Su di essa sorse in seguito un dignitoso palazzo che inglobò la vecchia torre gentilizia, innalzata all’inizio del Duecento da Pietro Scappi e tuttora esistente.
É quindi da credere che Bartolomeo, anche se certamente non al ceppo nobile, appartenesse a un ramo secondario dell’antica famiglia di Bologna.
La sua “bolognesità” risulta evidente da altri indizi. 

Vincenzo Campi - La cucina - 1580 ca., Milano, Pinacoteca di Brera

Anzitutto come cuoco fu al servizio del celebre cardinale bolognese Lorenzo Campeggi, legato del Papa in Inghilterra al tempo di Enrico VIII e impegnato in delicate missioni diplomatiche della S. Sede tra cui il difficile negoziato per il divorzio del sovrano inglese da Caterina d’Aragona. 
E forse fu proprio il Campeggi a scoprire nella natia Bologna questo cuoco promettente e a prenderlo alle proprie dipendenze, spianandogli così la strada per una carriera mirabile e affidandogli nel 1536 la realizzazione di un sontuoso banchetto allestito a Roma in onore di Carlo V, che il nostro chef descrive minutamente nel suo trattato (vi erano ammanniti ben 780 piatti).
Morto nel 1539 il suo "talent scout", lo Scappi non dovette muoversi da Roma, passando forse al servizio del cardinal Carpi e consolidando la propria fama in occasione del lungo conclave svoltosi dal 29 novembre 1549 al 7 febbraio 1550 da cui uscì eletto papa Giulio III.
Il banchetto del conclave 

Egli fu, infatti, tra i cuochi incaricati di somministrare i cibi ai cardinali affluiti a Roma come ricorda lui stesso con abbondanza di particolari nel suo trattato. Continuò a prestare i suoi servigi alla Chiesa anche sotto il pontefice successivo, il lombardo Pio V, che lo Scappi dice di avere servito nel “felice anno 1546”, segnalando la sua predilezione per budini, sformati e cosce di rane fritte con aglio e prezzemolo.

Tavole dell'Opera di Bartolomeo Scappi, che illustra l'attrezzatura in cucina
Tre anni più tardi, il 17 gennaio 1567, allestì il banchetto celebrativo del primo anniversario dellincoronazione del papa Pio V, di cui lo Scappi si definisce “cuoco segreto”, cioè privato. Anche questo papa, benché nato in provincia di Alessandria, era (particolare interessante) di famiglia di origine bolognese, quella dei Ghisilieri, un ramo dei quali si era rifugiato in Piemonte alla metà del ‘400 dopo l’uccisione di Annibale I Bentivoglio.
El Greco - Pio V

Ma c’e’ di più: nella prima pagina di OPERA, parlando col suo discepolo Giovanni, lo Scappi manifesta la più profonda devozione verso il “molto reverendo signor Alessandro Casale” per i “favori che si è degnato di farci, in ogni nostro affare” e per la “protezione che sempre ha pigliato per noi con ogni persona”. Or bene, Monsignore Casali era un bolognese puro sangue e fu in stretti rapporti con Pio V da cui ricevette la nomina a nunzio apostolico in Spagna presso la corte di Filippo II, venendo in seguito nominato vescovo di Vigevano da un altro bolognese, il futuro papa Gregorio XIII, al secolo Ugo Boncompagni.
Insomma l’ambiente che orbitava attorno alla SCAPPI, PER UN VERSO O PER L’ALTRO, SI RICOLLEGA A BOLOGNA.

E non è inoltre improbabile che bolognese fosse pure il suo stesso discepolo Giovanni, affidatogli per apprendere i rudimenti dell’arte culinaria proprio da Monsignore Casali, che “con tanta fatica – afferma il maestro rivolto all’allievo – si è pigliato cura che ne siate venuto in pratica”. D’altra parte Bologna, già allora designata con l’appellativo antonomastico di “grassa”, andava famosa per l’opulenza della sua cucina e sfornava gastronomi di vaglia, passati al servizio di cardinali e principi italiani, come Giulio Cesare TIRELLI che fu per anni cuoco della Serenissima Repubblica di Venezia o come suo nipote Bartolomeo Stefani che rivelò tutto il suo estro presso la corte mantovana dei Gonzaga all’epoca dei duchi Carlo II e Carlo Ferdinando e che nel 1662 dette alle stampe “L’ARTE DI BEN CUCINARE”, un altro caposaldo della letteratura culinaria dei secoli passati.
Vincenzo Campi - Venditori di polli

Maturo di anni e di esperienze, nel 1570 lo Scappi, dopo aver ottenuto da Pio V il privilegio di stampa ed essersi assicurato il rispetto del copyright anche da parte del Granduca di Toscana Cosimo de’ Medici, affidava al tipografo veneziano Michele Tramezzino il frutto di una vita spesa ad affinare i segreti della buona tavola o, per usare le sue stesse parole, “quel tanto che o con la consideratione delle cose o con l’esperienza ha ritrovato, acciò non potendo ogn’uno da sé stesso attendere a tutte le cose necessarie e utili al vivere hanno, possa dell’altrui fatiche valersi”

Un manuale con finalità didattiche, quindi, rivolto a un’ampia schiera di fruitori in un settore, come quello della cucina, caratterizzato dalla gelosia e dall’ostinata chiusura mentale di molti cuochi che, “tenendo celati i loro segreti non solo col mezzo della penna ricusano pubblicarli, ma anco con la parola verso a particolari avari se ne mostrano”.
A convincere lo Scappi a dare alle stampe la sua opera furono alcune “persone amorevoli e giudiciose, le quali giudicandola dover essere utile a molti, l’han voluta all’uso comune presentare”
Dietro questo scopo pratico immediato se ne cela uno più universale, di indole igienica, anzi morale: “Le regole e gli ammaestramenti in quest’arte habbiano a delettare tutti i sensi hamni e conservare et accrescere ancora la sanità perfetta ne i corpi nostri sempre che se ne vogliono valere col debito temperamento e col saggio discorso della ragione”.

Il successo del trattato, il più vasto ed esauriente fra quanti erano stati fino allora pubblicati, fu ovviamente enorme, grazie anche al corredo di ventotto nitide tavole incise in rame che illustrano i diversi ambienti della cucina con tutto il loro campionario di suppellettili e arredi e che formano anche oggi una fonte preziosissima di documentazione (saccheggiata a più riprese da quasi tutti i moderni libri di cucina e di storia gastronomica).
Una delle ricette dell'Opera

Con le sue oltre mille ricette il volume, come nota giustamente Luigi FIRPO, rappresenta “una summa sistematica, frutto d’innumerevoli esperienze codificate e filtrate da una rielaborazione unitaria per merito di un redattore lucido, asciutto, efficiente, che usa un linguaggio tecnico altamente specializzato”.
Lo Scappi ebbe una personalità di rilievo nell’ambito della cultura materiale rinascimentale, ma soprattutto ha il merito dell’attiva funzione di regista e di autentico testimone di un costume, cioè di vero e proprio autore, particolarmente evidente nella concezione unitaria del volume, nella sua coerenza scientifica e nelle finalità pratiche della trattazione che forma “la sintesi di una dottrina accertata dal lavoro di ogni giorno, di un magistero e di un ufficio educativo tradotti in termini d’esempio”.
L’entusiastica accoglienza del pubblico è attestata dalle numerose riedizioni che l’opera ebbe tra il secolo XVI e il XVII. Alcune ristampe furono promosse negli anni successivi alla prima apparizione da parte dello stesso tipografo veneziano Tramezzino e dei suoi eredi (una risale al 1581).

Lo Scappi nei sei “libri” o capitoli del suo lavoro, si sofferma sui principi generali dell’arte culinaria, sulle carni, il pollame, i pesci, le paste, i cibi per i giorni di grasso e di magro, nonché sulle vivande per malati e convalescenti. 
Particolare attenzione è dedicata agli aspetti igienici e dietetici degli alimenti, un tema, questo, che pare stesse molto a cuore ai gastronomi della sua epoca e che egli stesso, come cuoco di cardinali e papi piuttosto attempati e già acciaccati, aveva certamente avuto più volte occasione di affrontare nella realtà.
Tavole dell'Opera di Bartolomeo Scappi, che illustra i procedimenti della cottura

L’autore rivela anche la sua predilezione per le marinate e per i cibi stufati o cotti a bagnomaria nonché per le paste, di cui offre oltre duecento differenti versioni ivi compreso uno dei più antichi esemplari di pasta sfoglia. Inoltre, primo fra i cuochi europei, si addentra fra i meandri dell’arte araba della pasticceria.
L’attenta lettura delle pagine dell’Opera ci restituisce lo Scappi nella sua autentica statura, quella di vero cuoco della sua epoca. Lo conferma del resto anche il letterato contemporaneo Giovanni Paolo LOMAZZO che gli dedicò due sonetti nei suoi Grotteschi usciti nel 1587 (quindi in tale anno il nostro viveva ancora), definendolo uomo che il secol nostro adorna e tutto il mondo / tanto dell’arte hai ricercato il fondo”.

Riassumendo si può rilevare che il trattato dello SCAPPI segna l’acme, l’apoteosi, della supremazia della cucina italiana sulla scena gastronomica europea del pieno cinquecento. Una supremazia che però di lì a poco avrebbe conosciuto un lento ma inarrestabile declino. 
E fu subito Francia.

domenica 3 marzo 2013

FOOD RECIPE - Muffins all'arancia fragolosi con varianti di gocce di cioccolato

UN MUFFIN, ANZI DUE PER COLAZIONE

La colazione perfetta per me? caffè nero bollente e, qualche volta, un muffin soffice soffice al gusto di agrumi.
Mi piacciono i pasticcini, le tortine piccole, quelle piccole e saporite, da mangiare in due bocconi. Oggi quindi mi sono dedicata a questo dolce. 
In aggiunta all'impasto base è possibile modificarlo attraverso mille varianti, io ho scelto la marmellata di fragole, se volete invece ottenere un mono gusto potete utilizzare quella di arance. Altri invece sono stati aggiustati con delle gocce di cioccolato fondente. 
Le possibilità, come vi dicevo, sono infinite.

Veniamo alla ricetta:

INGREDIENTI PER 9 STAMPINI
  • 2 uova
  • 60 ml di olio di oliva
  • 2 cucchiai di marmellata di fragole o arance
  • 60 ml di panna 
  • 2 cucchiai di yogurt intero 
  • 100 gr di zucchero semolato
  • 25 gr di zucchero di canna
  • 100 gr di farina bianca 00 
  • 90 gr di maizena
  • scorza di 1 arancia grattuggiata
  • 1 bustina di lievito per dolci

PER GUARNIRE PRIMA DI INFORNARE
  • 1 manciata di gocce di cioccolato fondente
  • 9 cucchiaini di marmellata di fragole 
  • zucchero a velo q.b.
  • arance tagliate per guarnire il piatto
Accendete il forno a 180°.
In una ciotola capiente o nel mixer (funziona benissimo un robot da cucina o la planetaria) amalgamare le due uova con lo zucchero, quindi unire gli ingredienti liquidi (olio, panna, yogurth, marmellata) fino ad ottenere un composto cremoso. 

Aggiungere poco a poco la farina setacciata, la scorza di arancia e il lievito. Quando il composto è omogeneo, ungere di burro degli stampini e versarvi l'impasto fino all'altezza di  2/3 circa. 


Concludere disponendo al centro di ogni stampino un cucchiaino di marmellata o delle gocce di cioccolato, non esagerate perché tende a scendere. Se volete utilizzare gli stampini di carta si faciliterà l'estrazione.








Mettere in forno a 180° per circa 30 minuti, fino a quando saranno ben gonfi e dorati.
Prima di estrarli lasciateli raffreddare, quindi poneteli sopra una griglia e spolverizzateli con dello zucchero a velo.


Ecco fatto, i muffins per la colazione sono pronti. 

Buona giornata!





























©PHOTO EDITING - elisa roattino

venerdì 1 marzo 2013

FOOD RECIPE - Dolcetti all'uva sultanina

DOLCETTI SUPER VELOCI                                                    

Questi sono dolcetti veloci. Avete presente quando avete voglia di qualcosa di dolce ma è arrivata quasi l'ora di cena e non avete altro tempo? Questa ricetta può aiutarvi, perché si prepara in 10 minuti e la cottura in forno è altrettanto veloce, circa 15 minuti.

Perfetti a colazione o a merenda, ma anche per concludere un pasto, magari accompagnati da un ciuffo di panna o, se proprio volete esagerare, zabaione... 

Io li ho assaggiati con una semplice spolverata di zucchero a velo.

INGREDIENTI PER 9 STAMPINI                                   
80 gr di farina 00 addizionata di lievito (mezza bustina è più che sufficiente)
80 gr di zucchero semolato
160 gr di uva sultanina
1 uovo leggermente sbattuto
60 gr di panna
40 gr di burro fuso
1 bustina di vanillina
zucchero a velo q.b.

Preriscaldate il forno a 180°. 

Vi darò due procedimenti, direi che ovviamente con un robot è più veloce, ma per chi ha una buona manualità quello a mano può essere altrettanto rapido.

PROCEDIMENTO MANUALE:                         In una terrina setacciate la farina, unite lo zucchero e l'uva sultanina (precedentemente ammollata in acqua), e praticate un buco al centro.
In un'altra ciotola rompete l'uovo e sbattetelo leggermente, con l'aggiunta del burro fuso, la panna e l'essenza di vaniglia. Aggiungete il composto così ottenuto alla farina, e mescolate per circa 2 minuti. 
PROCEDIMENTO CON UN ROBOT  O CON LA PLANETARIA:               
Adottate la frusta sottile, amalgamate prima i liquidi (uovo, burro, panna) fino ad ottenere una bella crema. In una ciotola setacciate la farina, mescolate con lo zucchero, il lievito e la vanillina e aggiungete nella planetaria poco a poco. Aggiungete quindi l'uva sultanina e mescolate.

Prendete quindi degli stampini (se utilizzate quelli di carta è meglio perché la cottura sarà più veloce) e riempiteli circa 2/3.
Mettete in forno a 180° per circa 12-15 minuti, controllando con uno stecchino la cottura.





Prima di servirli, fateli riposare su una gratella a raffreddare, quindi ponete sul piatto di portata e spolverizzateli con zucchero a velo.

Pronti per essere assaggiati!














©PHOTO EDITING - elisa roattino