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martedì 27 gennaio 2015

FOOD PLACE - Mondovì, Mostra dell'artigianato artistico



Ora che fa freddo e non ci sono più le belle giornate estive mi piace ricordare un evento che in agosto ci ha portato a Mondovì, ed è una bella occasione per appuntare i nostri ricordi e farvi partecipi di una bellissima manifestazione.
Ogni anno, nel mese di agosto, si svolge a Mondovì la Mostra dell'artigianato artistico, un evento che vanta tanti anni e che nel tempo si è mutato e rinnovato.
Nel 2014 è stato particolarmente significativo, per il fatto che si è avvicendata una nuova gestione della manifestazione ed il corollario di eventi era molto ben assortito.
Mondovì è una placida cittadina ai piedi delle Alpi che la dividono dalla Liguria, si respira aria di mare e di monti, piena di storia e di bellezza.
La ceramica è sempre stata una sua prerogativa, posta dal fatto che in città vi erano varie manifatture, tra le quali la rinomata fabbrica "Vedova Besio e figlio" e la Richard Ginori. 
Oggi, a ricordo del tempo passato, è stato inaugurato nel 2010 la Fondazione il Museo della Ceramica vecchia Mondovì, che raccoglie la donazione da parte del dr. Marco Levi della Collezione Ceramica Baggioli e della sua collezione personale, oltre ad animare la partecipazione con percorsi didattici rivolti alle scuole, perché anima del progetto è "curare, conservare e diffondere la memoria di due secoli di industria ceramica monregalesi, attraverso l’esposizione dei prodotti e delle tecniche produttive delle tante fabbriche che si sono succedute".
Alla mostra dell'artigianato ogni anno si possono ritrovare artigiani ed artisti di ogni genere, e soprattutto relativi alla produzione ceramica, provenienti dall'Italia e dall'Europa, con le bancarelle che si snodano lungo le strette vie di Piazza, che è la parte alta e antica della cittadina.
Elisa, essendo ceramista, aveva la sua postazione ed io sono stata al suo fianco nella settimana per aiutare in qualsivoglia mansione occorresse.
Ovviamente i pasti quotidiani erano formati da panini per il lunch forniti dalla famiglia di Elisa, lì residenti, con formaggi e salumi della zona – un km zero del panino – che si mangiava in compagnia di amici che venivano a trovarci.
Alla sera, o qualche volta a pranzo, complice una pioggia che rallentava visitatori, ci siamo recati nei ristoranti della zona  di Piazza, che ne vanta parecchi, compreso un bar con un gelato strepitoso.
Una meraviglia la piazza che racchiude i portici con i negozi, taluni ancora arredati con mobili d'epoca!

Il Caffè Bertaina Osteria è uno di questi; un tempo bar, ora trasformato in una trattoria molto promettente e suggestiva. La gestione è cambiata da qualche tempo e sono una coppia giovane con la suocera dello chef che condivide con lui i fornelli e la preparazione dei manicaretti.
Lo chef è cresciuto nella cucina dei genitori che avevano una trattoria di campagna, ha respirato aria di arrosto e sentito discussioni sulle salse, ha imparato cosa sono le materie prime e cosa è cucinare con passione e amore.
Dopo le scuole appropriate, è approdato nelle cucine di chef prestigiosi ed ora si è sentito pronto a gestire una sua realtà, che sta crescendo e credo arriverà in alto.

Lì sotto i portici, mentre la piazza si animava di persone in festa, abbiamo cenato con una delizia del palato e degli occhi. 
Le materie prime provengono dalla zona o da fornitori di rango, quindi nel piatto ci ritrovi il sapore degli alimenti genuini e accuditi con dovizia da mano esperte nel mettere insieme con grande creatività gli stessi.

Della cena mi ricordo i gamberi rossi di Sicilia a crudo, con una salsa che era nettare degli dei, un profumo di freschezza e natura, i tagliolini che emanavano profumi dell'estate, il croccante delle verdure e delle carni, la qualità alta e la cortesia dei ragazzi al servizio, con a chiudere dessert di grande impatto... Si sente tutta la competenza e la passione di questo giovane chef, che ricerca combinazioni e territorio, rielaborando la tradizione e arricchendola con grande competenza, coadiuvato da personale gentile e preparato, nulla è al caso, nulla e anche il conto è adeguato, ma di giustezza delle parti. 
La carta dei vini è importante e ritrovi il territorio, la Langa al confine, il Monferrato che è lì adagiato accanto. Ci si trova bene, anche per aperitivi e colazioni, perché è un tutto tondo, una carta corta che è sempre indice per garantire freschezza dei piatti, ed un'attenzione ai prezzi che di questo tempo non guasta... Consigliamo questo luogo, che è ristoro per il palato e per la quiete del nostro passo, sono bravi e credo arriveranno in alto.......il buon giorno, in fondo, si vede dal mattino.

Abbiamo poi visitato anche la Trattoria del Teatro, nella via adiacente la piazza. Presenta una carta del territorio ben assortita, con i suoi antipasti legati alla tradizione piemontese ben guarniti e preparati. Anche qui si sente la passione per la professione e la materia prima che arriva dal luogo e dalla competenza dello stesso.
Gnocchi o agnolotti preparati in casa, con il ripieno gustoso e perfetto, accompagnati da un ragù dove si sente la prelibatezza della carne monferrina e il sapore del formaggio di malga per gli gnocchi al castelmagno, che è un formaggio gustoso e prelibato.
Il vino è del territorio e il personale è solerte e gentile, pronto alla nostra bisogna, nonostante fosse pieno di avventori. Non vanta un grande numero di posti, ma è curato nei particolari e il menù è sempre aggiornato alla stagione.
Il bar che abbiamo più frequentato è la Cremeria dell'antico Borgogestito da Matteo che è un giovane molto affabile. 
Il luogo è sempre stato lì affacciato sulla piazza, con i suoi tavolini adagiati sulla scalinata, che ti permettono di godere appieno dello spettacolo architettonico.

Il gelato che fanno è veramente gustoso, pieno di quelle materie prime buone e genuine, le nocciole di Langa, il latte, la panna, le uova delle fattorie, la frutta, il cioccolato del migliore... una festa per il palato e noi ci siamo allietate molto con esso.

Siamo poi stati alla Società Operaia  del Mutuo Soccorso di Mondovì Piazza, luogo meraviglioso e antico, con i suoi mobili risalenti all'ottocento, il bigliardo, la vista sulla valle, il palazzo storico che lo accoglie. 
Fondata nel lontano 1862, con presidente Giuseppe Garibaldi, dopo varie vicissitudini storiche ha da non molto una nuova gestione. Siamo stati ospiti della cena di chiusura della Mostra dell'artigianato, dove erano presenti gli artisti e gli artigiani che avevano partecipato alla manifestazione.
Abbiamo mangiato la paella che era formidabile, gustosa e appetitosa, un salame fatto da una piccola cascina dei dintorni e bevuto il vino del territorio. Le gestrici del locale hanno lavorato bene e vogliono affermarsi sul luogo con proposte e rivisitazioni, con serate tematiche ed eventi... il luogo si presta!
E' stata una settimana veramente importante, sia per le attività che per le occasioni di contatto.
Consigliamo dunque Mondovì, con le sue architetture, i suoi dintorni che distano poco da Barolo, Carrù, Farigliano  e la Langa. I ricordi vanno alle sue botteghe, al suo museo della ceramica in un palazzo storico meraviglioso, alle sue viuzze che sanno di storia, ai negozi molto belli ed accoglienti, alle piazzette, alla sua funicolare bellissima che si inerpica sulla collina... con gli alberghetti e i b&b in palazzi storici che guardano le vigne e l'infinito, verso il mare... 
Consigliamo una gita, e aspettiamo la prossima estate per la Mostra dell'artigianato 2015!

lunedì 26 gennaio 2015

FOOD RECIPE - Gnocchi viola alla crema di fontina e fiocchi di barbabietola rossa

Gnocchi con le patate viola, colori particolari nel piatto
La patata viola 

Questo tubero dal colore viola, con la buccia di un colore intenso che rasenta il color nero, è molto antico e proviene dal 
Perù.

In Italia era quasi sconosciuta sino a non molti anni fa, quando gli chef italiani la proposero, mentre in terra di Francia la si usava e coltivava da molto più tempo.

E' arrivata quindi da noi sui banchi dei mercati più forniti e sempre attenti alle novità, o in quei piccoli negozi di frutta e verdura che propongono qualità diversificate.
In Francia la chiamano Vitelotte  o Truffe Bleue, e le commercializzano in grandi scatole di legno, con coperchio, che già di per sé sono oggetti da tenere sugli scaffali della dispensa per riporre appunto patate, verdure, od anche oggetti che si vogliono raccogliere. I francesi sono imbattibili, in questo!!!
Annovera anche altri nomi quali: PATATA NERA, DONNA NERA, TARTUFO DELLA CINA. 
Ha origini antichissime e porta con sé tanto mistero e suggestione, provenendo dalle Ande peruviane o cilene, dove alberga indisturbato il condor e il vento taglia l'aria rarefatta.
Dicevamo però che quelle che arrivano sulle nostre tavole vengono coltivate nelle lande produttive dei cugini di oltr'Alpe ed ora anche sulle nostre montagne.


Quando la prendiamo nelle mani e guardiamo il suo colore inconsueto, pensiamo subito che esca dall'alchimia di qualche pazzo chimico o biologo, o da qualche agronomo suggestionato dal colore... invece non è nulla di tutto questo, ciò che vediamo è proprio il suo colore, che proviene da lontano nel tempo.
Lei è viola con un sapore che si avvicina molto a quello della castagna e non dobbiamo confonderla con quella patate dalla buccia viola che all'interno però sono bianche o giallastre.

La si può usare come chips, come base, per confezionare gli gnocchi, oppure negli sformati, nei purè: daranno molte soddisfazioni a partire dal colore inconsueto che dona allegria e suggestioni.
Il piccolo problema, se può essere un problema, è il suo prezzo che non è economico, soprattutto se si pensa che, avendo pezzatura piccola, per impegnarle nella preparazione degli gnocchi ce ne vogliono più del dovuto. Ma si sa che per la golosità siamo disposti a esborsare prezzi e cifre...
Questa patata va pazza per l'abbinamento con il tartufo, che fatto piovere sopra un purèe in scaglie oppure saltate nel burro può raggiungere livelli molto alti di gusto.
Pensate che in Francia le si può trovare sugli scaffali dei supermercati, nei sacchetti come le chips...

In Italia da un certo periodo, le patate viola sono coltivate in Piemonte, sulle montagne della valle Belbo, dove hanno trovato un buon habitat e crescono rigogliose. Si tratta di una piccola azienda agricola gestita da una donna e dalla sua famiglia che commercializzano - per ora solo a livello piemontese - sia le patate in tubero che dei gnocchi preparati con le stesse. Le troverete quindi ad esempio nei mercatini e a EAITALY sui banchi delle verdure. Azienda agricola Silvana RIGGIO - borgata Carlini MOMBARCARO - Cuneo www.lepatateviola.com

Sono molto felice di questa novità e mi auguro possano essere commercializzate più largamente, per promuovere il nostro prodotto italiano e le realtà eroiche che in montagna producono con fatica quotidiana.
Al salone del gusto 2014 abbiamo incontrato questa realtà e ne siamo rimaste entusiaste, tanto da potervi così raccontare questo prodotto che è ora un vanto della nostra produzione regionale.





INGREDIENTI                                                                                                                

Per gli gnocchi
500 g di Patate vitellotte
180 g di Farina 00
1 tazza di latte
sale q.b.

Per decorare
1 verza rossa tagliata a lamelle sottilissime
pecorino stagionato q.b.
pepe q.b.
aceto balsamico

Per la crema
2 etti di fontina
100 ml di panna
pepe nero q.b.

Preparazione
Sbucciare le patate, tagliarla a dadini e cuocerle in acqua. Passarle nello schiacciapatate, e impastarle con latte e farina, aggiungere sale e formare dei salamini che poi saranno tagliati a piccoli pezzi per dargli la forma con la grattugia al contrario.
Bollire in acqua calda salata, e appena affiorano scolarli subito.
Prendere la verza rossa, tagliata molto finemente, farla appassire nel burro.



Per la crema:
Sciogliere la fontina con la panna a bagnomaria, quindi condire con questa crema gli gnocchi, spolverizzando sopra la verza, e concludere spolverizzando di pecorino grattugiato.


©PHOTO EDITING - elisa roattino

giovedì 22 gennaio 2015

FOOD HISTORY - EUGENIE BRAZIER: la suffragetta della cucina francese

Eugénie, la grande gourmande, maestra di Bocuse

Ci sono storie che vogliamo raccontare e che ti arrivano senza cercarle, così all'improvviso ti imbatti in un nome o una pagina di libro che ti conducono ad una visione, ad un concetto che vuoi approfondire. Ed è così che mi sono imbattuta in questa storia, per caso, come se un folletto me l'avesse nascosta tra le righe di un leggere serale, per farmela conoscere ed infine amare.
Il suo nome è Eugénie ed è passata da anni a miglior vita, lasciando dietro di sé ristoranti, un premio a lei intitolato, soprattutto è iscritta nell'albo delle persone che lasciano un solco nella storia della ristorazione. Alla fine della lettura vi stupirete di quanto ha compiuto questa signora, così piena di risorse e di volontà di conoscenza e del fare, costruendo una storia di vita immensa e meravigliosa, una favola insomma!

Nasce in una fattoria nella regione di Lione, da famiglia popolare che svolge mezzadria e lei al compimento dei dieci anni andrà a lavorare come guardiana di mucche e maiali. 
Siamo alla fine dell'Ottocento: in quel periodo, se di famiglia non agiata, quando si arrivava all'adolescenza si andava dritti e filati a servizio nelle famiglie borghesi o a rompersi la schiena nei campi oppure a transumare animali. Anche se si era capaci nell'ambito scolastico, avevano bisogno anche del tuo quotidiano soldo e ti facevano abbandonare sogni e illusioni per andare a guadagnarti da vivere.
La ragazzina non demorde, anche in quell'umile frangente si guarda attorno essendo sveglia e capace, impara subito e comprende che deve  percorrere la sua strada con i sogni in tasca e i suoi passi veloci, con immense idee e cercando la possibilità di poterli attuare, con indomita volontà.
E fu così che a 19 anni incontra l'uomo che la fa sognare e innamorandosene si concede e rimane incinta, causando scandalo nel calpestare il pensiero dell'epoca che voleva le donne asservite a consuetudini a pie illusioni religiose.
Il padre è immerso nei pregiudizi e nella cultura del tempo e senza batter ciglia la mette alla porta, ma Eugénie non si scoraggia e organizza la sua nuova vita, mettendo al mondo un figliolo che metterà a balia e andrà a lavorare a Lione.
Compie il passo dalla campagna verso la grande città, piena di meraviglie e di possibilità e lei trova servizio in una benestante famiglia borghese, vestendo i panni della governante dei figli del datore di lavoro e divenendo poi la governante della magione.
Passa il tempo, arriva la guerra mondiale e lei continua il suo lavoro e il suo menage barcamenandosi come tutti in quella situazione: quando la guerra finalmente finisce Eugénie si sposta, lasciando il marito, perché la storia era arrivata alla consumazione e ad una svolta, che doveva compiere per non rimanere al palo. Così cerca e subito trova un posto nelle cucine di un noto ristorante in città, conscia di avere acquisito abilità culinarie e anche forza nelle sue possibilità di farcela, anche se da sola. Ha una grande e bella manualità, una conoscenza della materia con grande padronanza del lessico alimentare e della sua filiera, così come si sente di poter sfidare eventi e tempi e inaugurare una nuova stagione di vita; si getta con un pizzico di incoscienza in questa nuova avventura, e il tempo le darà ragione, perché la porterà sulle vette e parecchio lontano.
Diviene così padrona delle sue competenze e capacità, innovando e reinventando la tradizione; gli avventori si beano dei suoi manicaretti e sollecitano a mettere a frutto il suo talento, infine riesce a trovare agli inizi degli anni venti il capitale per aprire un ristorante tutto suo.
Nel ristorante di Eugénie Brazier nel 1964

E così inizia la più entusiasmante avventura culinaria di Eugénie così brava nel solleticare i palati esigenti, nel porgere novità e freschezza degli alimenti, un tripudio di novità e gusto in quella città dove accorrono da ogni dove, soprattutto personaggi della nobiltà, borghesia e della gourmanderie francese e non solo.
Così la sua popolarità corre di bocca in bocca ed arriva un famoso e sussiegoso critico gastronomico che rimane entusiasta e compone un saggio su questa giovane gourmande e chef e la sua notorietà varca il confine della regione e anche della nazione.
Mentre lei cresce, sente però che non ha ancora ottenuto tutti i traguardi che può comporre in questa professione e ha voglia di novità, di un luogo diverso, di tensioni diverse ed allora nel 1928 si prende uno chalet sperso sulle alture che non ha né acqua né elettricità e lo trasforma in un elegante luogo di ristoro per i villeggianti di passaggio e per il relax di costoro. 

Eugénie Brazier al colle di Luère con il figlio Gaston,
in apprendistato

Elabora una cucina semplice ma nel contempo strepitosa, evoluta però rispetto alla cucina regionale del tempo, ancora grezza e poco elaborata.

Su quella rotta che è anche luogo per pernottare e soggiornare, incappa un giorno un costruttore di macchine da corsa con tutto il suo staff, che alloggiano e si deliziano il palato con i suoi manicaretti quotidiani. Condizione vuole che in uno chaffeur di questo magnate, incontra l'amore, vede il suo nuovo futuro amoroso.
Lei cresce in quel luogo e arrivano le prime importanti soddisfazioni come le stelle Michelin, ottenendone tre in un breve lasso di tempo ed è la prima donna ad ottenere in terra di Francia e per trovarne altre dovranno passare anni: i nomi ascritti in quel firmamento saranno Ducasse, Veyrat e in America Keller.
Una donna in quell'olimpo, primo nome in un mondo fatto di uomini e quasi esclusivamente per loro, produce scalpore e induce tante giovani promesse del food a chiedere di entrare nella cucina di questa strabiliante chef.
Arriva un giovane trepidante al suo cospetto, un apprendista allampanato e dallo sguardo volitivo e fiero: il suo nome è Paul Bocuse e lei ne diverrà la sua mentore.
Sarà quindi lei con i suoi insegnamenti a dare al grande stellato Bocuse l'idea di nouvelle cuisine, di rivoluzionare il concetto di cibo e di degustarlo.
Intanto anche il figlio entra nelle sue cucine e lei lo mette a capo dei tanti ristoranti che apriranno via via e questo figlio talentuoso diverrà il suo stretto erede, passando mano anche al suo di figlio nonché nipote di Eugénie.
Il segreto è la conduzione famigliare che durerà per lungo tempo sino a quando il figlio lascerà tutto nelle mani di un altro talentuoso giovane chef, che è suo amico.

Esiste in terra di Francia un premio prestigioso intitolato ad Eugénie ed ogni anno incorona una promessa chef donna e fra le tante che han ricevuto il premio ed hanno collaborato con il ristorante di Eugénie e con Eugénie stessa vi è Nadia Santini.
Quella meraviglia ed eccellenza stellata di Nadia Santin è sulla vetta e nell'olimpo dei grandi da diversi anni e opera la sua maestosa dimensione gastronomica in quel di Canneto sull'Oglio, tempio indiscusso di gastronomia ad alto livello.
Ho avuto piacere ed onore di aver appreso le mie conoscenze e competenze con stage alle dipendenze sia di Paul Bocuse che di Nadia Santini, e ne ho imparato la semplicità dei gesti, la passione e la cura per i dettagli, il rispetto delle materie prime e il rispetto della tradizione che è la base per elaborare la costruzione di piatti per imprimere nella memoria gusto e sensorialità dello stesso.

Il ristorante Mere Braziere è a Lione al 12 rue Royale-  http://www.lamerebrazier.fr 


Se volete conoscere ed approfondire la storia di questa chef e della sua impresa vi consiglio un libro dal titolo: "Eugénie Brazier e le altre" di Alessandra Meldolesi.