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martedì 30 luglio 2013

FOOD PLACE - Perdendosi nelle amate Langhe tra le creature selvagge

BAROLO: Collisioni Selvagge

Quando si sente nominare il nome proprio Barolo, si pensa subito al grande vino, forte e prezioso, che prende appunto il nome dal paesetto di 600 anime arroccato sul tufo in terra di Langa.
Un vino che ha profumo di terra arsa, di viole, di nocciole e di arso sole che picchia duro dalla primavera all'autunno inoltrato, riscaldando quei sedimenti che trasmetteranno corpo e vigore al liquido detto nebbiolo, che poi lasciandolo riposare, e passo dopo passo compiendo ciò che si deve, diverrà BAROLO.
C'è un castello che occhieggia, viti e verde a perdi vista, tutti filari lavorati e perfetti, attorno verso la piana campi gialli di grano e si sente il profumo della materia e del sudore per comporla.

Qui l'economia è florida, nulla è arrivato dal nulla, han lavorato e faticato, ma questo vino conosce il mondo, viene bevuto ovunque e non vi è cifra richiesta che non venga espletata, pur di averlo. Vino da meditazione, a mio parere, poi si vuole che sia vino da arrosti e carni importanti, pasti sublimi... ma io penso che cotanto prezioso nettare vada assaporato con parsimonia e non contaminato. 
Appunto per deliziarsi lontano da cibo e quisquilie varie.
Ogni anno i 600 operosi abitanti del paesello vengono invasi da torme di genti, le più disparate e le più diverse, per una manifestazione che i giovani del luogo si sono inventati per destare tutti dal sopore e far correre ancora più svelto il nome sulla bocca del mondo: il Festival COLLISIONI selvagge.
Questo festival parla di letteratura, musica, politica, argomenta su fatti e questioni, tutto però si rapporta al bere e mangiare, perché occuparsi di cultura è dare cibo alla mente, ma intanto ci si ristora anche col resto.

Così  nei 4 giorni di kermesse ovunque nel paese potrai degustare il vino dai produttori che aprono le loro cantine, il macellaio, il panettiere, le tante osterie e ristoranti, le bancarelle del cibo più disparato e le contaminazioni.
Bei nomi nel programma, intelligenza patria, noi siamo lì purtroppo per un solo giorno, quello inaugurale per sentire Jamiroquai e ballare nella notte calda; di più quest'anno noi non si poteva.
Ma recatoci nel pomeriggio abbiamo potuto camminare nelle vie ancora poco intasate, rilassarci con bicchieri di vino o birra, degustare un piatto di tagliolini fatti in casa con un ragù squisito, la salsiccia al Barolo, un tomino fresco con una salsa verde da sballo e capire che l' organizzazione è veramente capace e anche molto fantasiosa.


Ogni piazzetta e luogo ospiterà nei giorni successivi incontri di ogni tipo e così han dato un colore ad ogni incontro e per evidenziare il posto han messo ovunque, dai balconi, innanzi le porte, negli angoli, le creature selvagge”: animali diversi, colorati , sculture in plastica riciclata del gruppo di artisti piemontesi Cracking art: sono volpi, suricati, chiocciole, procioni, rane, tutte colorate per sottolineare le diversità dei luoghi preposti ai vari incontri.

Il risultato è molto bello, un tocco originale e simpatico, e taluni li han anche vestiti con cravatte, occhiali, grembiuli: è tutto frenetico e vivace.
Tanti accorsi, età e generazioni che si incontrano; e senti il profumo di "bun sanguiss" che è pane casereccio con prosciutto crudo di Cuneo e toma di malga, una risposta al fast food d'altra nazione. Oppure la pizza sfornata dal panettiere, le macedonie, i gelati artigianali, il panino con la salsiccia e la cipolla, cibo e cibo che è tripudio e vorresti mangiare tutto e di più.
Ci sono i vini friulani, incontro scambio propositivo per dare vita a percorsi diversi e conoscenze affini.

Il concerto è vita, vivacità, lui canta e settemila persone danzano e cantano, osannano, fischiano, gridano e si divertono: le stelle stanno a guardare, Pavese docet.....
Tutto ben organizzato, ma vi è sempre qualche cosa che non va, anche nella più organizzata situazione... parliamo delle navette per portarci al monte e quindi navette per portarci al piano; e così sbagliando navetta abbiamo vagato come esuli su e giù per le strade tortuose della Langa, nella notte fonda e con le gambe oramai stanche di ballo, cibo e vino... sono gentili, ci danno informazioni ma forse noi non ci siamo proprio spiegati bene.

Così finiamo in mezzo alle vigne, nel buio tatale dell'assenza di luna, silenzio e persone che vagano a cercare la propria locazione e il proprio mezzo di locomozione.
Sicché una pietosa jeep si ferma e ci da soccorso, dicendoci che fa servizio REDUCI, perché altri anni molti han preso la navetta sbagliata e si son ritrovati a vagare per le colline ore ed ore, dovendoli poi ritrovare ad Alba, che non è proprio dietro angolo. 
Colpa anche, forse, del troppo liquido vinoso ingerito, ma è un niente confondersi....
Così siamo saliti sul posteriore della jeep di questo signore, produttore di vino dal nome evocativo Gian Carlo Borgogno, di una famiglia che produce vino da generazioni (e che vino per altro...); il signore fa parte infatti della Protezione Civile, che va recuperando i dispersi REDUCI e li riporta al luogo della partenza.
Così con risa e parole ci si è catapultati giù per la strada ripida del borgo, dentro la campagna attraversata prima da una famigliola di tassi e dopo da un tasso adulto, con i nostri "meravigliosi.....wow.....che belli...." anche un poco stucchevoli, diciamolo, ci siamo ritrovati nel campo di grano oramai con le stoppie dove lì adagiata nel buio ci attendeva la nostra vettura.
Il grazie infinito, la promessa di ritrovarci per bere assieme un generoso vino da lui prodotto e poi via nella notte che rasenta l'alba verso Mondovì Piazza, dove le nostre membra stanche hanno avuto il meritato riposo e la giusta e generosa dose di sogni e di rimembranze.
Con la promessa, che il prossimo anno saremo lì nei giorni a goderci parole, musica, cibo gustoso e tanto liquido celestiale: BAROLO, il re dei vini e grande eccellenza italiana.

Consiglio all'organizzazione: date il nome ai punti di ammasso delle vetture, usando i nomi degli animali ad esempio, visto che li usate di plastica per ricordare luoghi del fare e ritrovarsi; ecco appunto: scoiattolo, tasso, mucca, cardellino o asino, in modo che le navette riportino sul vetro elenco dei luoghi menzionati e così non ci si sbaglia. Perché lo so, dovevamo dire da dove provenivamo, ad esempio noi provenivamo da Novello, oppure da Alba o Cuneo e in base a queste tante strade, vi erano locati i parcheggi. Ma poi se qualcuno non ci chiede provenienza e noi abbiamo scritto solo nome della via vicino al campo, che poi scopriamo che questa via percorre tutta la collina, da Barolo Nord a Barolo Sud, è subito facile perdersi, è un attimo. Ma noi REDUCI, siamo così un tantino arruffati e tanto felici di questa avventura.

A Barolo tanti sono i produttori: io conosco personalmente Mascarello perché nei tempi lontani andavo a vendemmiare e divenimmo amici, poi Borgogno, Ratti, Conterno perché li ho collezionati, ancora ne ho una certa misura nella mia collezione privata, li consumo... ma tanti altri e tutti molto eccellenti e di grande qualità.
I ristoranti, osterie, bar e negozi  offrono tutto al meglio, compresa la simpatia, la generosa cordialità e colgono le opportunità per far si che tutto l'anno questo luogo sia meta di turismo e di incontri.
Langa, mi sei nel cuore.

Tutte le foto sono di proprietà del sito ufficiale

mercoledì 17 luglio 2013

FOOD PLACE - I fuochi di San Giovanni a Torino, tra gelaterie e pizzerie, ammirando la città

CAMMINANDO PER TORINO nel giorno di San Giovanni
E' Il santo protettore della città sabauda, quindi fuochi, tanta gente per le strade, la festa di una città e del suo santo patrono. 
Appuntamento atteso, benvenuto soprattutto se ti permette di allungare di qualche giorno la tua settimana in vacanza e lasciarti andare.
Moltissime le occasioni di interesse artistico che hanno accompagnato questo evento, una decina di giorni di musica di ogni genere, teatro, mostre, incontri.
Ecco che nel pomeriggio del 24 arrivo con il mio compagno indiano, la sua prima volta a partecipazione di questa festa, essendo da nove mesi in Italia. Quindi molta aspettativa, molta voglia di partecipare con entusiasmo ad ogni occasione che si prospetti.
Siamo ospiti, ho frequentazione assidua in questa città e molti amici e quindi non vi è che mettere gambe in spalla e visto il tempo clemente, buttarsi nella mischia e intrattenersi con le affettività consuete.
Sotto i portici di via Po incontriamo il corteo della maschera della città, vale a dire Gianduja e Giacometta con le tante figuranti in costume, molto belli e suggestivi. Non si concede molto nelle uscite questo personaggio e quindi quando lo si vede è sempre piacevole.
Piazza Castello con il suo splendore monumentale racchiude il coro del Regio che sciorina le arie delle opere liriche e ci permette di intrattenerci, pensando a quanto sono stoici nel loro lavoro sotto il sole del meriggio andato, ma ancora potente. Ma la bravura e la professionalità vanno oltre il disagio e quindi ci permettono di canticchiare Verdi, Rossini e tanto altro. Il suol natio nella sua espressione romantica.
Aperitivo d'obbligo in piazza Vittorio, che ritengo una delle più belle piazze del mondo, con il sipario del verde della collina e il suo Cappuccini lì a guardare la città dall'alto, mentre il fiume scorre e si dipana, fervono preparativi per la notte fatal!
Trovare un posto per mangiare se non hai prenotato è molto dura, moltissime le lingue che senti parlare attorno: francesi, spagnoli, tedeschi, inglesi han aumentato PIL della città, che ti accoglie con infinite proposte e le sue bellezze. 
Musei, chiese, palazzi, negozi, gallerie e tanto cibo e luoghi per divertirsi, nonchè angoli di storia che van dal romano, passando per il medioevo, liberty, settecento, barocco, contemporaneo e chi più ne vuole, più ne trova. Imbarazzo della scelta.

Alla fine troviamo un piccolo locale in Via S. Massimo che ci accoglie e ci mangiano una farinata gustosa, pizza padellino, vino bianco che ci rallegra. Ma accanto ecco la prima vera grande sorpresa: gelato.
In Torino si sono aperte molte piadinerie, alcune di una catena conosciuta che sono molto gustose e varie. 

Così anche le gelaterie han proliferato, accanto alle storiche oramai facenti parte della leggenda.

Questa è di recente apertura, semplice e raffinata nel design di interno, accanto il laboratorio e la impresa è di giovani ragazzi molto capaci e fantasiosi.
Nel loro biglietto scrivono: Gusti classici: la tradizione! Senza latte: l'attenzione! 

Gli speciali: la fantasia! Ed è così, gustosissimo  e costruito con tutti i crismi del gelato artigianale, quindi latte, panna, uova, cioccolato, nocciole, frutta e quanto altro serve per darti la prova dell'esistenza della bontà. 
Le varietà sono infinite e accostamenti meravigliosi. 
Puoi anche deliziarti con affogati, frappè, brioches con gelato.

ESSENZA DEL GELATO via Principe Amedeo 21/f Torino

Altra scoperta, del giorno avanti, è stato un altro laboratorio artigianale con raffinato punto vendita, in via Stampatori, la gelateria IL PREGIO che ha elenco di proposte e accostamenti molto promettenti e il prodotto finale è stupefacentemente buono, infinitamente buono.

I fuochi sono stati suggestivi ed il tema era Angeli e Diavoli, con predominanza di colore rosso e bianco, ovviamente vista la tematica. La notte fresca, tutti con la testa tra le nuvole a bearsi e i vetri dei Cappuccini riflettevano le scintille che si adagiavano nell'acqua plumbea.
I Murazzi senza locali è un triste luogo, senza vita e senza vitalità, una mano monca nella città. Solo i centri sociali in un angolo, dove puoi bere con poche lire, ballare con buona musica e attendere l'alba, tra la varietà del genere umano e la trasversalità delle classi ed età. Però rimane un piccolo dispiacere di questa serrata forzata dalla legge e ci piacerebbe che ritornasse il tempo della tanta bellezza e trasversalità delle proposte che ti accoglie a bordo fiume.
La notte è giovane, aperti locali, cammini e rivedi luoghi, proposte, riconversioni, restailing e la gente si attarda e chiacchiera, gioca, canta.
E' sempre meravigliosa questa città, vivace e non smetti mai di riscoprirla.
Sicché camminando nel centro storico incontri negozietti dove acquisiti saponi artigianali, piccole gallerie, piccoli laboratori di dolci, artigianato, vintage, design e tanto altro e scopri che il mondo gradisce venire a scoprirla perché è accolto bene e non ha nulla da invidiare alle Parigi o Berlino.
Inoltre è molto bello scoprire che oramai si è allargato lo spazio dei luoghi dove mangiare e incontrarsi, non più solo quadrilatero o similari, piano piano prendono forma e impatto anche altri quartieri del centro, immergendoti così nella suggestione delle epoche e degli angoli.
Forse è arrivata la fine della diceria che i piemontesi non si agitano e sono introversi!

martedì 9 luglio 2013

FOOD INTERVIEW - Tornate in cucina!

TORNATE IN CUCINA! 
Non avremmo mai voluto sentircelo dire, mai!
Risentire questo slogan, per noi femministe di quel lontano dì, ci pare anacronistico, visto il tanto tempo trascorso. Sempre noi avevamo sussulti feroci a quello slogan, ritenendolo un insulto atroce.
Venire ricacciate tra i fornelli, noi che lottavamo per una posizione nel mondo, per essere accettate come essere umano al di là di tutto e di tutti; ci sembrava quindi svilente essere solo le detentrici della costruzione del pasto quotidiano. 
Non volevamo essere quegli angeli del focolare, le detentrici della vita e dell'alimentazione. 

Lo consideravamo un ruolo riduttivo, perché eravamo e siamo altro.
Tanto altro che spegnemmo provvisoriamente i fornelli e ci dedicammo a noi, alla nostra carriera, al nostro domani; pensavamo al cibo come ad una frequentazione del piacere e  non doveva essere obbligatoriamente eseguito da noi. 
Sollevando così lo sguardo talvolta velato di disprezzo e orrore  verso coloro che continuavano ad essere quell'angelo, disastrosamente senza ali e dimesse,  noi veleggiavamo su sogni e nell'altrove.

I tempi mutano, spazzano via ideologie e ritornano modi e modalità, senza toni elegiaci e con elementi figurativi come simboli scaramantici. S'avanza una nuova teoria, non priva di fondamento, perché i tempi attuali ci riportano a dover riflettere su opportunità diverse.

Il signor Michael Pollan, guru del cibo, suggerisce alle femministe americane:  basta cibi pronti e tornate a cucinare.
Forse questo può valere in quel grande continente, dove certe ideologie sono rimaste attaccate alla pelle e alle convinzioni, ma qui, in questa penisola italica mi vien da dire in modo franco ed onesto che quel ruolo di "angelo del focolare" le più non han mai smesso di avercelo. 
Perché ci si domanda? Perché qui amiamo mangiare, e alla maggioranza non è mai così piaciuto il cibo pre-confezionato, considerandolo con orrore un indubbio mix di bassa qualità.
Noi amiamo cibarci, forse con esagerazione, ma la qualità e la modalità ci appartiene di più, rispetto ad altri popoli dell'area occidentale. 
Perché altrove, almeno nel continente asiatico, la quotidianità del confezionare cibo più volte nella giornata, è sempre stato appannaggio delle donne, che riscattano così il proprio esistere e la propria dignità. Inopinabile per un verso e opinabile per un altro, perché a ben guardare costoro sacrificano spazi e vita per costruire un insieme famigliare che talvolta le segrega e toglie loro dignità.
Sempre il nostro guru sostiene che è in atto una trattativa fra il genere umano maschile e femminile per detenere il potere ed una modalità per attuare buoni risultati può essere quello di far partecipe anche l'uomo alla preparazione dei pasti e dell'accudimento famigliare.
Secondo le statistiche però anche in Italia il passar tempo fra i fornelli è in declino, volgendo dai 68 minuti al giorno di due anni fa, ai 56 attuali, con il paradosso che sono aumentate le trasmissioni sul cibo, il web impazza e il dissertare non è da meno. 
Conclusione: ci cibiamo di più ma non abbiamo voglia di farlo, attingiamo ai fast food, allo street food, rosticcerie incluse.
Il commercio, che non è stupido, incita queste modalità e attua sconti, ai quali noi attingiamo con grande soddisfazione. Consumiamo cibo di bassa qualità, ma abbiamo esborsato anche poco pur di averlo; quindi ci mettiamo l' animo in pace, e consumiamo disinvoltamente di tutto e di più, a scapito della linea e della salute.

Francamente mi fa sorridere tutto questo, se penso a quanto un movimento come Slow Food ha speso in parole e atti in tantissimi anni per farci conoscere la verità sul cibo, divenendo coscienza critica ed esortandoci ad occuparcene in maniera responsabile e con immenso amore. Il cibo è frutto di lavoro, anche di lavoro duro e faticoso, con un intervento umano sulla natura che ha le sue conseguenze, attraversando la trasformazione sociale di genti e di luoghi.
La sua analisi è fervida intuizione, perché se da una parte il cucinare ci toglie magari tempo, che noi pensiamo prezioso per fare altro, per contro ci fa conoscere e approfondire il discorso sulla filiera del cibo, e attraverso questa conoscenza togliamo potere alle grandi corporazioni, favorendo una dieta anziché un'altra, o determinando i prodotti agricoli che vogliamo sostenere. 
Coscienti di ciò, possiamo dare spazio ad una dieta fatta sempre più di alimenti che derivano dal biologico, legati alla stagionalità, coltivati senza uso di pesticidi e senza violentare la terra, dandogli alternanza nella coltivazione. Arriviamo così al concetto di  km zero tanto caro a Slow Food e a Carlin Petrini, oramai divenuto un guru anch'esso; la sua filosofia ha legato la globalità delle genti alla stagionalità dei cicli e dei luoghi, creando un'etica nel NON SPRECO del cibo. 
Se infatti una volta di cibo ce n'era in abbondanza, anche da noi, vista la crisi, l'acquisto di generi alimentari ha subito un trend negativo, mentre in altre parti del mondo il cibo pro capite è scarso o addirittura inesistente.
Comunque i fori della cinta si allargano sempre più, e in percentuale anche la forbice dei consumi subisce un tracollo e ci ammaliamo di obesità, malattie cardiovascolari, tumore intestino.
Tant'è che andand in giro nei paesi emergenti del globo sempre più vediamo forme arrotondate, portate dal benessere incipiente che favorisce il consumo di ciò che un tempo era raro e prezioso; questo è portato dall'aumento dell'acquisto del cibo spazzatura, che reperiamo qua e là come dei rabdomanti, sovraccaricando il dosaggio più del necessario, proprio perché non ci costa fatica prepararlo.
Abbiamo così un surplus che finirà senza patemi d'animo nella discarica, dove altre persone in difficoltà andranno a rovistare e lo consumeranno per sopravvivere, andando così a costruire una filiera non prevista dieci anni or sono.
Vogliamo le patatine? Allora friggiamocele, in questo modo la distrazione che usiamo per cibarcene prendendole dal sacchetto o dalla scatola magari anche colorata e di design, ci distrarrà dall'essere schiavi di quel gusto ovunque, e ci impedirà del consumarle in macchina, davanti al computer mentre chattiamo oppure in panciolle dinnanzi alla televisione.
Il cibo di questo genere ci prende poco tempo e ci toglie tanta salute, sottraendo la meraviglia del convivio, dello stare a tavola e costruire rapporti e amicalità, svolgendo una funzione di democrazia ed educazione, portando conoscenza di conquiste, progetti di idee e civilizzazione delle generazioni.
La preparazione del cibo, secondo Pollan, ha un significato filosofico perché induce a pensare da dove provengono i dati ingredienti, chi sono le genti che lo hanno cresciuto, coltivato ed elaborato, qual'è stato il tempo per arrivare a maturazione in quel magnifico ciclo della natura.
Compi un viaggio, il giro del mondo, incontri popoli e costumi, sei connesso con l'universo solamente restando lì davanti ad un ingrediente o alimento. Arrivando ad essere connesso con l'umanità.
Ha delle sue belle teorie e convinzioni, che collimano con molti sempre di  più, per esempio l'opinione che se sei carnivoro dovresti uccidere almeno una volta nella vita l'animale di cui vuoi cibarti, introiettando così il significato che ha il verbo uccidere, divenendo esperienza drammatica. Infine divenendo colpevoli per quell'omicidio.
Vi è un nuovo mood negli Stati Uniti, quello di incontrarsi nelle farmers per discutere, firmare petizioni, acquistare e condividere pensieri ed amicizia, costruendo una propria e unitaria cultura sul cibo. Questo soprattutto tra i ventenni che, avvicinatesi al cibo, si sentono in armonia con lo stesso, connessi col villaggio globale, e costruiscono così una nuova coscienza politica, un concetto di comunità che vuole un' ambiente pulito. Si è così palesato il concetto di votare attraverso la forchetta ed è così stimolante che pensano di costruire un'economia alternativa.
Coinvolgendo via via sempre classi diversa di età e costruendo idee mai banali, stimolano la coscienza ed un'efficace attenzione.
Il nostro guru ha imparato a cucinare dalla madre che a sua volta ha imparato a cucinare seguendo la famosa gourmande Julia Child, che è stata guru di generazioni di donne americane, favorendo una coscienza sul cibo costruito con dovizia ed intelligenza. Lei che aveva imparato a cucinare in Francia e ha scritto libri che sono stata la Bibbia allora come oggi,dato che che sulla figura si è confezionato un film tratto da un libro di successo. 
Chi l'ha scritto è una trentenne blogger appassionata di questa diplomata Cordon Bleu che ha raffinato palati e costruito ideologie attorno al cibo. Ne abbiamo fatto recensione su questo blog tempo addietro.
Seguendo l'intervista di Mr Pollan, troviamo citata una sentence coreana che recita "il gusto delle lingua è il gusto delle mani", dove il gusto della lingua è favorito dalle papille gustative, e quello delle mani invece è opera d'arte di colui o colei che firma quel piatto; e che non può essere di nessuno perché è di quella persona lì che lì ha cucinato ed è infine è il gusto dell'amore.


Questa dissertazione-recensione ha preso spunto da un articolo apparso su  D inserto di Repubblica, a firma di Mara Accettura, dove si  intervista  Michel POLLAN  per l'uscita recentissima del suo ultimo libro COOKED; è già un bestseller negli Stati Uniti, dopo un altro bestseller mondiale pubblicato anche in Italia dalla prestigiosa casa editrice Adelphi, dal titolo "Il dilemma dell'onnivoro e in difesa del cibo".