Cerca nel blog

Translate

mercoledì 29 maggio 2013

FOOD HISTORY- Riflessioni sulla gastronomia contemporanea

ALCUNI PENSIERI SULLA GASTRONOMIA. 
Un'introduzione di concetto per future nostre ricerche sull'arte del cucinare

Nel campo della gastronomia si assiste oggi al lento e inesorabile tramonto delle cucine tipiche – specialmente nelle grandi città – e al prorompente trionfo dei piatti ibridi, “esotici”.
Di quei piatti, cioè, che si sganciano completamente dalle tradizioni locali e scaturiscono dal connubio di ingredienti, sapori e modi di preparazione appartenenti all’esperienza culinaria delle più diverse aree geografiche. I ‘TRAPIANTI” che ne derivano, bisogna riconoscerlo, non offrono sempre motivo di rigetto, anzi risultano spesso stuzzicanti ed estrosi, fatti apposta per conquistare anche il palato del più esigente gastronomo.
Tale fenomeno è certamente il riflesso più immediato della progressiva e variegata dilatazione dei nostri gusti alimentari, favorita non soltanto dal miglioramento (anche se non sempre costante e generalizzato) del tenore di vita, ma anche dalla disponibilità di una gamma certamente eccezionale di prodotti fino a ieri impensabile e per di più ormai svincolata dai cicli stagionali. Se a ciò aggiungiamo la filosofia stessa della civiltà dei consumi di cui siamo permeati (e che ci fa scoprire bisogni sempre nuovi e irrinunciabili) e soprattutto la facilità e la rapidità delle comunicazioni e degli spostamenti fra un luogo e l’altro che hanno consentito e consentono a un gran numero di persone di venire in contatto con cibi prima sconosciuti, il quadro è completo.
E sono proprio le esperienze gastronomiche propiziate dal turismo che lasciano il segno più incisivo e che innescano un meccanismo evolutivo (o involutivo?) nelle cucine locali che rinnegano sempre più la loro origine e la loro anima per diventare stereotipate ed  impersonali.
Un influsso certamente non trascurabile è esercitato anche dalla massiccia e spesso ripetitiva divulgazione della letteratura gastronomica. Si tratta di un vero e proprio diluvio editoriale che ci sommerge con una messe di servizi giornalistici pubblicati a getto continuo sulla stampa specializzata e non, e con una sempre più invadente e ossessiva manualistica culinaria per tutte le borse e per tutti i gusti.

Tutto ciò, se da un lato svolge un’azione di stimolo e di arricchimento per la gastronomia (un’arte, non dimentichiamolo, che ha la sua essenza nella fantasia e nella continua ricerca e creatività), d'altra parte va immancabilmente ad inquinare un patrimonio di tradizioni culinarie singolari che già deve fare i conti con le limitazioni, spesso infondate, e con i tabù imposti dalla moderna scienza dietetica.
Ma in questa sua inarrestabile ricerca del nuovo, in questa sua invenzione costante e impetuosa, in questo suo eclettismo innato, l’arte della tavola dovrebbe far tesoro non soltanto delle esperienze di popoli ed aree culturali eterogenee, ma anche del ricco retaggio gastronomico del nostro passato. 
Perché in sostanza non volgiamo con maggior convinzione lo sguardo indietro e non proviamo a recuperare quanto di ancora trasferibile ci hanno tramandato i tempi antichi? 
La scelta è oltremodo vasta perché in fatto di gastronomia i secoli scorsi non hanno nulla da invidiare all’epoca attuale. Anzi semmai e’ vero il contrario.

Ecco perché ci impegniamo, in questo blog, a dissertare della cucina antica, e vi promettiamo, in futuro, nuovi articoli sulla storia della nostra tavola, sugli usi e costumi dei secoli andati, sulle ricette medievali e rinascimentali di piatti elaborati su tavole imbandite nelle corti europee, ma anche nelle mense popolari, laddove si trova, comunque e sempre, il vero spirito delle nostre antiche radici culinarie.

2 commenti:

  1. Questo post non posso che condividerlo in tutta la sua essenza, sembra quasi l'avessi scritto io. Qualche giorno fa anche io ho scritto qualcosa di simile in un mio post riferendomi alla mia recente esperienza a Milano. Parlavo di piatto tipico percio' di risotto alla milanese che tutto era tranne che un risotto, di ossobuco che non era proprio quello tradizionale e posso continuare all'infinito.Io direi che oggi con la scusa di innovare , di essere alternativi e "Moderni" molti, non solo snaturano i piatti tradizionale ma li rovinano, facendone perdere la loro identità. io personalmente se vado nella trattorioa tipica è perchè voglio mangiare il piatto tipico della tradizione al contraruio se voglio mangiare "strano" vado nel ristorante dove si preparano questi piatti bomboniera che a volte son bellissimi da vedere ma non sempre son buoni. Percio' io direi che la ristorazione deve chiarirsi le idee di cio' che vuol essere. Altro capitolo è poi quello legato all'abilità ed alla preparazione degli chef. Oggi pur di risparmiare e di ridurre i costi si è capaci di tutto compreso qualità degli ingredienti e qualità del personale impiegato. Percio' ad oggi forse il miglior ristorante resta quello di casa nostra, dove ci possiamo scegliere gli ingredienti e con un po' di pazienza, costanza e informazione , ci si puo' preparare delle leccornie degne del miglior ristorante sulla piazza. un caro saluto,Peppe

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Egregio Peppe, siamo contente e ringraziamo, del tuo commento e delle affinità che ci accomunano, circa il pensiero espresso. Quando abbiamo aperto questo blog, un anno oramai, volevamo appunto aprire un dibattito su temi inerenti al cibo e alle arti collegate allo stesso. Volevamo raccontarlo il cibo, nelle sue molteplici espressività, non tanto dando ricette - maniera semplice e che riempie blog e blog - ma dare link e suggerimenti, colmare magari qualche lacuna e cercare anche di demolire qualche moda di troppo. Oramai si snatura il tutto, con questa mania di voler essere originali a tutti i costi, si confondono piani e modalità. Facendo così divenire il cake design una brutta copia di ciò che appartiene ad altri pensieri e culture, vedi Stati Uniti, che ahimè non avendo storia, creano eventi e modalità che sono propri e che poco ci appartengono. L'apparire che però talvolta racchiude debolezze e anche raccapriccianti misteri. Così come per il giusto appropriarsi delle fusion, che sono giuste, ma non si sposano molto bene con l'amatriciana. Oppure far diventare avvocati o semplici cultori del cibo quotidiano, impossibili chef che ritroviamo spalmati ovunque a suggerire e costruire piatti e manicaretti frutto di altre pazienze e di altre gavette. Fare lo chef è un mestiere duro, faticoso, colmo di anni di studio e di prove, di pazienza, infinite suggestioni e complicità con la materia. Oppure diventarlo perché così si può sfangare il quotidiano problema della mancanza di lavoro o di personalità, pensando di colmare l'assenza della stessa con il divenire star che durano poi attimi e momenti. Credo nella professionalità, crediamo nella forza della stessa, nella conoscenza e nel percorso giusto e non con scorciatoie. La materia prima deve sempre essere eccellenza, che sia per una trattoria che per uno stellato, e ci deve essere impegno e umiltà, come ho potuto constatare negli anni e anni impegnata in questo campo. Elisa ed io questo vogliamo proporre, con umiltà, e ringraziamo voi tutti che ci date conforto nel seguirci e forza per continuare su questa strada. Le tradizioni e il passato sono lì per darci imput per il futuro, senza però confonderle e stravolgerle per sembrare originali e cavalcare tigri e momenti. grazie ancora e portateci suggerimenti e possiamo anche vedere modalità di confronti e intrecci propositivi.

      Elimina