Da tanti anni oramai, con
scadenza biennale – alternandola a Cheese,
che si svolge in Bra sul fare dell'estate – nella sabauda città adagiata tra le
Alpi avviene questa kermesse.
Mi ricordo ancora la prima
edizione, allegra, con grandi allestimenti regionali, con i produttori che
avevano portato progetti e il meglio della loro produzione e fantasia, con
assaggi copiosi, il chiacchiericcio molto conviviale, laboratori pieni di
partecipanti attenti e consapevoli, showcooking
con le giovani promesse che sarebbero divenute di lì a poco chef stellari
universali, punti ristoro meravigliosamente allestiti, panchine per ristorare i
piedi e il passo, insomma il cibo che incontrava il fruitore dello stesso senza
mezzi termini, anche di stupore...
Negli anni questo entusiasmo
è rimasto, ha permeato tutto, sin quando pian piano la situazione è mutata,
sempre con meno sfarzo, forse centralità più verso il prodotto, ma si è
iniziato a pagare tutto, compresi gli assaggi… e l'allegria è andata via via scemando,
complice il fatto che la crisi ha invaso tutti i settori, compreso il comparto
food... ma inverosimilmente ovunque nei media la parola cibo e biologico è
spalmata e oramai è divenuto un lavoro, anche solo parlarne.
La professionalità però di
molti e tanti che ne chiacchierano non credo sia aumentata. Io ritrovo sempre
più improvvisazione e una sorta di svolta del vivere o sopravvivere di molti
che nel settore ora sguazzano.
La competenza è fatta di duro lavoro, di
conoscenza della materia, della sua storia, del prodotto per averlo conosciuto
e scoperto.
Lo vedo oramai come una moda, un rifugio per molti che non sapendo
collocarsi transitano in questo settore perché è il più semplice e in gran
voga...
Quindi la
spettacolarizzazione ha portato, secondo il mio modesto parere, la qualità
verso il basso e certificando anche nell'olimpo produttori e prodotti che in
quel luogo non dovrebbero stare.
Detto questo, proprio per
muovere una critica ad una kermesse meritevole di molto, ma che propone ingresso
molto alto di prezzo, non dando come un tempo una gratificazione che ne
giustifichi questo, con punti ristoro sempre di poco numero, con sedili
inusuali quando si parla di cibo italiano, con inesistenti luoghi per fermarsi
un attimo e darci ristoro al passo, con produttori mesti e allestimenti tristi
e mal in arnese, con laboratori senza paratie che ti fan perdere la
concentrazione e il rumore dei corridoi entra nelle aule e non si comprende
nulla della chiacchiera dell'oratore...
Anche nel settore straniero
il tutto ha perso lo smalto, la grinta, la verve proponitrice; inizialmente
soprattutto il cosiddetto terzo mondo portava anche il suo colore e la sua
modalità del vestire, ora è raro.
Saranno anche tempi di crisi,
ma non ci vuol nulla o poco ad allestire in modo da portare ottimismo e
allegria... porgere la qualità in modo più “agreable”, anche perché i prodotti non han certo costi bassi.
Certo si paga volentieri per il cibo di qualità, ma l’impressione generale è che
tutto è diventato un commercio.
Qui in contrasto con le
parole del fondatore Carlin Petrini che incita a non far diventare il comparto
in una mera questione di commercio.
Terra Madre è stato l'evento
portato all'interno del Salone da una decina d'anni, una scommessa forte perché
voleva dire andare a lavorare nel vasto territorio del mondo, sovente in
contrasto forte con le politiche di quei paesi che talvolta sono retti da
dittatori o da usanze ataviche non certo favorevoli a presidi e a biodiversità.
I progetti sono aumentati, si
propongono possibilità per risolvere il problema della mancanza di nutrimento
in paesi depauperati da guerre e crisi ambientali, sono ritornati in uso
coltivazioni estinte... questo è ciò che la kermesse propone e Slow Food, un
tempo Arcigola, perora, tutela e garantisce.
La terra è la nostra alleata
quotidiana, dobbiamo avere cura di lei e proteggere il nostro cibo con amore e
passione.
E' bello vedere molti giovani
nei corridoi che sono interessati alle proposte, che acquistano, si informano,
assaggiano e confrontano.
Ciò sta a significare che il molto lavoro sta andando
nella direzione giusta, sensibilizzando sempre più alla qualità che non vuol
dire necessariamente dover essere più esosa.
Debbo confessare che Cheese di Bra mi piace di più. Sarà
forse perché si svolge per le vie della cittadina, nei cortili, nelle piazze,
con l'apporto delle strutture locali che svolgono la funzione di supporto
logistico.
C'è più gioia, passione, più partecipazione di tutti.
Che sia questa la modalità
per riportare quell'entusiasmo dell'inizio?
Lo so, l’organizzazione in un salone porta
meno scompiglio in una città, il salone è già attrezzato per l’afflusso di
tantissima gente, ma io preferirei vedere la manifestazione nelle strade, nei
parchi, forse è una soluzione, o comunque un suggerimento.
Detto questo, ho scoperto con
molta gioia che le patate viola le produciamo anche noi in val Belbo e quindi
sosteniamo una produzione di montagna e locale.
Inoltre ho scoperto:
- che il burro salato non è più solo proprietà di marchi stranieri!
- che si propone il taglio del prosciutto crudo a coltello, come è giusto che sia;
- che si vendono piantini di basilico adatto a fare pesto di qualità;
- che si propongono le varietà differenti di aglio, ciascuno adatto ad un differente uso nel cibo e nell'uso;
- che ci sono aziende agricole che vedono giovani protagonisti, perché il futuro della terra è nelle loro mani e nel loro entusiasmo.
Dobbiamo alzare la qualità
del nostro quotidiano cibo, cercando di non sciupare nulla, di cibarsi meno ma
al meglio, educando sin da bambini al gusto e al discernimento... ecco che la
questione mense scolastiche diviene di attualità e si crea così il virtuosismo
che da sempre si propone e ci si augura avvenga.
Slow Food ha avuto sin dalla
notte dei tempi questa grande intuizione, ma credo ora debba veramente
tutelarne le modalità e le connessioni... perché il cibo non debba divenire
mero commercio, ma nasca dalla passione e dall'amore per il nutrirsi con gusto
e grande qualità.
©PHOTO EDITING - elisa roattino
Nessun commento:
Posta un commento